11.05.2025
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Economy

«Fermi lavori per 7 miliardi, in ritardo i pagamenti della Pa alle imprese»


Non si può guardare al Superbonus solo in chiave finanziaria. Cioè in relazione al maxibuco per le casse dello Stato, dopo un erogazione superiore ai 170 miliardi. Ieri, durante l’assemblea generale dell’Ance, l’associazione che riunisce i costruttori, la presidente Federica Brancaccio ha sottolineato che con lo stop agli incentivi «ci sono già 7 miliardi di lavori fermi che rischiano di lasciare scheletri urbani».

Brancaccio non nasconde tutte le storture della misura. Però ricorda che «i grandi sprechi potevano essere evitati se fossimo stati ascoltati». Infatti rivendica che l’Ance ha «chiesto, fin da subito, regole per impedire alle imprese non qualificate l’accesso alle risorse. Allo stesso modo siamo stati fautori di un sistema di controlli, pesantissimo per le imprese, però necessario a ridurre al massimo le frodi. Non a caso il numero maggiore di irregolarità riguarda i bonus per i quali questi controlli non erano obbligatori».

Detto questo, a rendere più negativa l’esperienza del Superbonus c’è la modalità con la quale si è chiusa la stagione dei bonus per la casa, cioè con continui interventi legislativi che hanno portato «a un guazzabuglio normativo, per giunta retroattivo. E siamo ancora in attesa di capire come andrà a finire per i contratti già stipulati».

La fine dei bonus edilizi penalizzerà non poco i bilanci del settore edilizio. Ma nell’ambiente sono soprattutto altri i segnali che spingono al pessimismo. Brancaccio ha denunciato che la Pa sta tornando a essere un cattivo pagatore, dopo i passi avanti fatti negli ultimi anni. «I dati rivelano che la stragrande maggioranza delle imprese non è pagata nei tempi previsti, ci sono fino a due anni di ritardo».

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LA RILEVAZIONE

Da un sondaggio interno, si evince che il 41 per cento delle aziende associate si vede versare il dovuto dalla pubblica amministrazione in un range temporale tra i 5 mesi e i due anni. Se non bastasse, alle stesse aziende è stato soltanto un terzo dei tre miliardi stanziati tra il 2021 e il 2022 come ristori dopo l’aumento dei prezzi dell’energia e delle commodities. «Ci sono funzionari e decisori pubblici — ha aggiunto Brancaccio — che pensano ancora che pagare in tempo e adeguare i prezzi quando il costo dei materiali sale sia un favore che si fa alle imprese. Così si rischia la paralisi. Ed è fin troppo scontato che le imprese possono crescere, incrementare le retribuzioni e investire solo hanno prospettive solide».

Il combinato disposto tra ritardi della burocrazia e clima di sfiducia, fa chiedere all’Ance politiche espansionistiche al governo. «Dopo il Giubileo e il Pnrr che cosa c’è?», si è chiesta in maniera retorica Brancaccio. «Nulla», la sua risposta. Da qui, la richiesta di rifuggire dalla tentazione «che l’unica strada possibile da percorrere per il futuro fosse quella dei tagli: tagli alla sanità, tagli all’istruzione, tagli alle infrastrutture, all’assistenza. Senza una scelta sulle priorità e sulle spese da salvaguardare. Tagli lineari e via».

Nel mirino della presidente poi la scarsa contendibilità negli appalti pubblici, visto l’alto ricorso agli affidamenti diretti e le obsolete normative del settore: «Oggi nelle opere pubbliche il 90 per cento del numero degli appalti è senza vera concorrenza». Promosso invece il Salva-casa per sanare i piccoli abusi edilizi, ma si spera che l’incasso per queste operazioni sia utilizzato in ottica «di rigenerazione urbana». Sul palco dell’Ance, anche l’autore della misura, il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che ha promesso «entro un luglio un testo sulla rigenerazione urbana».

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