ROMA Oremus. Chi vuole preghi, si raccolga in silenzio. Purché nessuno parli, prenda posizione, si lasci andare al tifo da stadio: sarebbe «inopportuno». Si apre oggi la settimana “santa” del Conclave. Potrebbe finire con una fumata bianca, una bianca sagoma affacciata dal balcone di Piazza San Pietro. Ed ecco il partito di Giorgia Meloni, insieme alla politica tutta, prepararsi al grande evento. Con apposite istruzioni per l’uso diramate nel week end ai parlamentari di Fratelli d’Italia: «Interferire» nell’elezione del papa, tifare per un porporato o per l’altro e magari farlo sapere sui social network, è «inopportuno e privo di senso politico». Tradotto: astenersi dal toto-cardinale. Sarà che il quiz sul prossimo papa è ormai uno sport nazional-popolare, praticato non solo nelle redazioni di giornale e nella Curia bensì anche a scuola, nei bar, in spiaggia. Sarà che dietro le quinte anche nel partito leader del centrodestra infiamma il dibattito e si fanno stime e scongiuri sui “papabili”. La regola ufficiale, ribadita dai piani alti di via della Scrofa, è quella di Benedetto ai suoi monaci: silenzio. E questo perché «oltre ai ruoli istituzionali e politici, FdI ritiene di dover guardare a questo momento storico e delicato aspettando con rigore l’esito di una vicenda in cui la politica non può e non deve essere coinvolta».
I DUBBI DELLA PREMIER
Questione di forma, certo. E di sostanza: Meloni dovrà presto andare a trovare all’ombra del Cupolone il nuovo papa. Costruirci un rapporto istituzionale e chissà, magari anche umano come quello discreto nato negli anni con Francesco, il papa argentino lontanissimo dal credo della destra italiana ma non sempre lontano su questioni importanti come l’etica, i diritti, il diritto alla vita. Meglio allora avvicinarsi al grande giorno senza sbavature, uscite scoordinate degli onorevoli di FdI che mettano in difficoltà la leader. Magari nelle ospitate tv, per cui è pensato il documento che puntualmente dà ai parlamentari la linea. Dopo un excursus sulla morte di Francesco, il dossier di FdI spiega brevemente riti e geografia del Conclave. In calce, quel monito così perentorio ai parlamentari, l’appello alla «responsabilità». O meglio, «la consapevolezza di essere meri spettatori di un evento storico, di portata mondiale». Fin qui la linea ufficiale. Che ovviamente nulla toglie all’attesa spasmodica con cui il governo vive la vigilia del voto nella Cappella Sistina. Un’attesa interessata, visto che nessuno, tantomeno Meloni, sottovaluta l’enorme impatto politico e geopolitico che avrà la scelta del successore di Francesco.
IL TOTO CARDINALE
Negli anni la premier ha coltivato una fitta rete di rapporti con l’Oltretevere. Talvolta mediati da tessitori come Alfredo Mantovano, altre volte no. Conosce bene fra gli altri il cardinale decano Giovan Battista Re. Come anche Matteo Zuppi, presidente della Cei che in verità quasi nessuno a destra spera di vedere con la veste bianca addosso, viste le distanze siderali su temi fondamentali come l’immigrazione, l’accoglienza, i diritti e le “simpatie a sinistra” attribuite all’ex vescovo di Bologna. Solidi i rapporti di Meloni con Pietro Parolin — al netto di qualche incomprensione sull’8 per mille — costruiti negli anni di telefonata in telefonata fra la premier e il Segretario di Stato di Francesco per discutere delle grandi crisi del mondo, da Gaza all’Ucraina. Ormai è questione di tempo. Meloni attende e chiede ai suoi di fare lo stesso. In silenzio, possibilmente.
Francesco Bechis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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