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«Farmaco riduce la mortalità del 97%». Sopravvivenza ed effetti collaterali


«Dal 1999 c’è stato un drastico cambio nella sopravvivenza dei pazienti con leucemia mieloide cronica, ora si ha la stessa aspettativa di vita di una persona che non ne soffre». L’oncologo Carlo Gambacorti, Professore di Medicina interna ed Ematologia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e responsabile dell’Unità Complessa di Ematologia dell’Ospedale S. Gerardo di Monza, spiega l’evoluzione nelle cure della neoplasia maligna ematologica. Anche perché il caso di Achille Polonara, cestista (di 33 anni) della Virtus Bologna, ha suscitato preoccupazione.

L’oncologo Carlo Gambacorti

Qual è la sopravvivenza?

Nella leucemia mieloide cronica, prima del 1999, metà dei pazienti che ce l’avevano morivano entro due o tre anni dalla diagnosi. Poi dal ’99 c’è stato un drastico cambio.

Perché?

Lavoro in uno dei tre laboratori che hanno sviluppato il primo inibitore che si chiama Imatinib. Ha determinato una svolta talmente radicale che attualmente è possibile dire che un paziente con leucemia mieloide cronica ha la stessa aspettativa di vita di una persona senza leucemia, di una persona normale.

Come funziona questo inibitore?

La patogenesi di questa malattia era nota fino dagli anni Ottanta. È causata da una proteina sbagliata che si chiama BCR-ABL, che ha un’attività enzimatica (tecnicamente è una tirosinchinasi) ed è vitale per la sua capacità di causare la leucemia. Quindi l’obiettivo è quello appunto di bloccare l’attività enzimatica di questa di questa proteina ed è quello che l’imatinib fa: è un inibitore dell’attività enzimatica di ABCR-ABL. La proteina c’è ma non funziona. 

Come si assume?

È un farmaco a somministrazione orale che si prende una volta al giorno. Estremamente sicuro perché ormai è usato da centinaia di migliaia di pazienti dal 1999.

Effetti collaterali?

Può dare alcuni effetti soggettivi, tipo un po’ di ritenzione idrica o crampi muscolari. Ma, come lei sa, nessun farmaco è sprovvisto di effetti collaterali.

La sopravvivenza di 2-3 anni è quindi superata? 

È superata nel 97% dei pazienti. C’è un 3% di pazienti che in realtà ha già una leucemia progredita. Ma non basta per togliere il valore statistico che dice appunto che un paziente con leucemia mieloide cronica oggi ha una aspettativa di vita non diversa da una persona normale.

Ho più di 300 pazienti che conducono una vita normale. Un manager che va una volta al mese negli Stati Uniti.

Si riesce a individuare in tempo prima che diventi acuta? Come avviene la diagnosi?

Dunque, il fatto che la malattia sia acuta o no, ha dei criteri morfologici. Per esempio, uno guarda sul midollo quanti blasti ci sono e in base a questo può dire se la malattia è in fase cronica o se è invece già evoluta verso una leucemia mieloide acuta. Però ci sono alcuni pazienti che, anche se hanno pochi blasti, in realtà poi hanno nella realtà una forma già trasformata in leucemia acuta.

Quanto tempo impiega il farmaco a far effetto?

L’importante è monitorare l’andamento. Cominciando da una settimana dopo l’inizio della terapia, bisogna vedere che le cose vadano come uno si aspetta. Che la quantità di cellule col cromosoma philadelphia scenda come uno si aspetta, che ricresca un midollo normale nel giro di 3/6 mesi dall’inizio della terapia.

Se questo non succede, ci sono almeno altri cinque o sei farmaci che possono essere usati per recuperare quei pazienti (circa un 10% al massimo) che non hanno una risposta buona con con l’Imatinib. Purtroppo, però, ora si utilizzano anche farmaci diversi.

Ovvero?

L’Imatinib è un farmaco che è venuto fuori alla fine degli anni 90, registrato nel 2001, quindi ha perso il brevetto da molto tempo. Quando questo succede in genere le ditte cercano di sostituire farmaci con altri che non necessariamente sono migliori, ma che sono sicuramente più redditizi. Questo è successo anche nel caso dell’Imatinib.

L’incidenza?

È estremamente costante, intorno a due casi per 100.000 persone l’anno. Quello che è cambiato è la prevalenza della malattia. Se un paziente non muore più il numero di pazienti aumenta. 

Abbiamo recentemente calcolato la prevalenza di questa malattia in Lombardia, che è una regione con 10 milioni di abitanti, quindi simile, diciamo, a un piccolo paese, come la Svezia, o il Belgio, o la Svizzera. In Lombardia ci sono ormai quasi 3000 pazienti. Rispetto, per darle un’idea, 18 anni fa. All’inizio dell’era imatinib erano circa 10 volte di meno, 400 pazienti.

Nel caso specifico, Polonara aveva già combattuto contro un tumore al testicolo. C’è una correlazione?

Se lui come parte della terapia di questo tumore al testicolo ha fatto radioterapia o chemioterapia, questa leucemia potrebbe essere considerata secondaria a quella a quella terapia. Se invece lui ha fatto semplicemente l’asportazione chirurgica, senz’altro bisognerebbe guardare alla sua linea germinale Una persona giovane che si fa due tumori non è una cosa normale.
Quindi ci sono alcune sindromi in cui appunto c’è un deficit in alcuni enzimi che sono deputati a riparare i danni al DNA e che possono appunto causare questa propensione a far tumori.

Il cestista Achille Polonara

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