16.05.2025
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Economy

Eredità Agnelli, l’Irpef non versata sui conti all’estero di Marella


Appena Marella Caracciolo è morta, il 23 febbraio 2019, John, Lapo e Ginevra Elkann si sono affrettati a «incamerare» le somme che la nonna aveva depositato sui suoi conti esteri, dimenticandosi però di regolare i conti con il fisco italiano sulla base del presupposto della residenza fittizia in Svizzera di “lady Fiat”. A cominciare da un trust con sede alle Bahamas, che solo nel periodo oggetto delle contestazioni della Procura di Torino (ossia dal 2015 al 2019) ha fruttato redditi di capitale pari a 116,7 milioni di euro, sui quali però non è stata pagata l’Irpef. I tre fratelli «si sono comportati come successori di fatto nei confronti di quelle cospicue risorse estere in ipotesi appartenute alla nonna — si legge nell’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva confermato i sequestri eseguiti dal nucleo di polizia economica-finanziaria torinese — Risorse che dovranno certamente far parte della ricostituzione dell’asse ereditario e, quindi, della nuova liquidazione di imposta secondo il diritto italiano».

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L’INGANNO ALLO STATO

L’ispezione avviata a luglio 2023 dai finanzieri nei confronti della P Fiduciaria — riconducibile agli Elkann — si era conclusa a metà dicembre scorso «con rilievo»: cioè, sono state riscontrate delle irregolarità rispetto alla legge antiriciclaggio. E questo nonostante John avesse presentato il 31 ottobre, nel corso dell’ispezione dei militari, dichiarazioni integrative sui redditi relative agli anni di imposta 2019-2020-2021, «da cui emerge la disponibilità di beni collocati all’estero (tra cui i fondi alle Bahamas, ndr) ragionevolmente derivanti dall’eredità di Marella Caracciolo», si legge nel decreto di perquisizione che era stato notificato dai pm al fratello primogenito. «Il comportamento di tutti e tre gli Elkann, che solo nel 2023, quasi quattro anni dopo il decesso, si sono precipitati a dichiarare in tutta fretta le risorse già incamerate dalla defunta nonna, ancora prima che si aprisse formalmente una successione — spiegano i giudici del Riesame — Successione sospesa in conseguenza delle contestazioni di Margaret Agnelli, tra cui l’invito a conferire nella massa ereditaria ogni liquidità di fatto donata dalla Caracciolo ai nipoti. Non può pertanto escludersi una dolosa consapevolezza», da parte degli indagati. Ma al di là dell’illecito amministrativo che può derivare dalla tardiva dichiarazione dei redditi, secondo i giudici è stato portato avanti dagli Elkann «un vero e proprio annichilimento, tramite inganno, di ogni potestà di pretesa, di controllo e di contestazione da parte dello Stato italiano, peraltro verso un’entrata economica di rilevanza costituzionale».

LA MANIA DEI PARADISI FISCALI

Dalle indagini dei pm torinesi è emerso che «tutti i familiari tacciati di aver» tagliato fuori Margaret Agnelli da una grossa fetta dell’eredità dei suoi genitori, cioè «la Caracciolo, il defunto marito e i nipoti, forse anche la figlia stessa, fossero adusi movimentare cospicue liquidità a scopi di investimento all’estero, anche medianti società fiduciarie con sede nei cosiddetti paradisi fiscali». Ma c’è di più, è emerso che «la fonte principale di tali liquidità fossero (in base agli atti di indagine) proprio i flussi di utili — spiega il Tribunale del riesame — percepiti dai soci partecipando pro-quota alla Dicembre s.s., considerata la “cassa” della loro famiglia e la reale società controllante, persino rispetto alla notoria holding olandese Exor (una società semplice rimasta per decenni del tutto informale e mai aggiornata nelle intestazioni delle quote neppure dopo la morte di Gianni Agnelli)».

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