Identità o portafogli? È più o meno questo l’interrogativo che muove le strategie di palazzo Chigi in attesa che Ursula von der Leyen sciolga le riserve sulla prossima Commissione. Se l’ambizione massima porterebbe al secondo, con un ruolo anche regolatorio per Raffaele Fitto, non è escluso che il punto di caduta possa infine trovarsi nelle acque del Mediterraneo.
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Tra le caselle considerate «occupabili» dall’Italia c’è infatti quella al fronte Sud dell’Unione. A patto che — ragionano attorno a Giorgia Meloni — non si tratti solo di una scatola vuota. «Che non sia quello che è stato per noi fino ad oggi il ministero del Mare» ironizza un ministro, specificando come in quel caso la poltrona sarebbe più consona per la Grecia o per Malta. Vale a dire che al compito di coordinamento in cui il Commissario si affiancherebbe a Kaja Kallas, si sommino deleghe di peso e responsabilità. Immigrazione ad esempio. Ma anche responsabilità energetiche e partenership strategiche con i Paesi nordafricani. Affinché diventi digeribile per l’Italia insomma, il nuovo Commissario dovrebbe avere funzioni che sarebbero in continuità con il Piano Mattei, sancendo una vittoria politica per Meloni. Se così dovesse essere del resto, nel governo c’è chi è convinto di aver per le mani il giusto asso da calare sul tavolo di Ursula (che chiederà ad ogni Paese due nomi, uno maschile e uno femminile): Elisabetta Belloni.
Il profilo
La diplomatica di lungo corso e capo del Dis è reduce dall’ottima riuscita del G7 in Puglia, per cui è stata scelta dalla premier come sherpa, e vanta un curriculum di tutto rispetto sui temi indicati. L’immigrazione? Se n’è occupata ampiamente da segretario generale alla Farnesina e da vertice dell’unità di crisi. La tela con il Nord Africa e il Sahel? L’ha giià tessuta da direttrice della cooperazione allo sviluppo. Il fronte energetico? Coperto quando si è occupata di risorse e innovazione. Con in più solidi rapporti al di là dell’Atlantico, e una competenza politica che se da un lato è la sua forza, dall’altro è potenzialmente una criticità. Negli anni Belloni ha tenuto ottimi rapporti con tutti i partiti, da destra a sinistra, passando per il Movimento 5 stelle: il forzista Franco Frattini la promosse a capo dell’unità di crisi della Farnesina, il dem Paolo Gentiloni la nominò suo capo di gabinetto (sempre alla Farnesina), l’ex 5 stelle Luigi Di Maio la volle mantenere al suo fianco come direttrice generale del ministero degli Esteri nonostante le pressioni di Giuseppe Conte. E se è vero che Meloni ha dimostrato di fidarsi, e molto, è risaputo come la leader FdI preferisca avere persone con un’appartenenza politica precisa. «Non parto dal nome, ma dalla delega» ha però spiegato proprio la premier in un’intervista al Corriere. Qualora i poteri del Commissario dovessero essere questi, difficile trovare un identikit più consono di quello della donna che ha sfiorato la presidenza della Repubblica ad inizio 2022.
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