Confermate le risorse a disposizione: un miliardo di euro all’anno. Ma nel prossimo triennio il governo intende incentivare l’immatricolazione di nuove auto realizzate con componentistica europea. Meglio ancora se italiana. Provando quindi a tenere fuori quelle assemblate — anche negli impianti presenti nella Ue — con materiali e pezzi prodotti fuori dall’Unione europea, Cina in primis.
Lo schema del provvedimento sarà annunciato questo pomeriggio dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, incontrando tutti i rappresentanti della filiera automobilistica del Paese. Mentre a settembre sarà presentato il testo di un decreto, al quale stanno lavorando alacremente i tecnici del Mimit: qui ci si muove in “punta di diritto”, anche per non incorrere nelle ire della Commissione e rispettare appieno le regole della concorrenza o quelle che impediscono gli aiuti di Stato.
MODELLO FRANCIA
Il meccanismo, però, è semplice e ricalca in parte quanto già fatto in Francia. Le Ue impone alle case costruttrici e alle aziende della componentistica auto europee regole molto ferree sul versante ambientale (in primo luogo per contenere le emissioni), sociale (chi opera in queste realtà deve vedersi riconosciuti tutti i diritti in campo lavorativo) e sulla sicurezza per gli automobilisti. Non solo: dal 4 luglio sono in vigore una serie di dazi Ue contro i produttori cinesi — in alcuni casi superano il 40 per cento — proprio perché queste industrie finiscono per fare dumping non rispettando gli oneri dei concorrenti del Vecchio Continente. In questa logica, il governo italiano intende concentrare tutti i fondi per gli ecobonus a quei modelli di vetture o veicoli commerciali, assemblati con componenti realizzati rispettando le normative comunitarie. In quest’ottica anche un futuro produttore cinese in Italia, per vedere incentivati propri mezzi, non potrà semplicemente montare carrozzerie e motori prodotte fuori dall’Europa.
PALETTI
Va da sé che — proprio per i paletti europei sulla concorrenza — il governo non può concentrate i fondi per la rottamazione soltanto alle auto prodotte con componentistica italiana. Ma, stando ai ragionamenti che si fanno nel settore, questo schema potrà avvantaggiare non poco questo pezzo della filiera — non fosse altro perché si ridurrebbero i costi logistici — che comprende oltre 2.100 aziende, fattura 56 miliardi (dei quali circa 25 all’estero) e dà lavoro a poco più di 170mila addetti.
Come detto, questo pomeriggio Urso incontrerà tutti i rappresentanti dell’automotive del Paese: al tavolo ci saranno Stellantis — al momento non è però prevista la presenza del ceo Carlos Tavares — gli altri produttori, le imprese della componentistica italiana, i sindacati, le associazioni datoriali, i sindacati e le Regioni. Gli stessi che dall’inizio dell’anno stanno lavorando con il Mimit per ridisegnare la produzione del settore in Italia. Ai suoi interlocutori il responsabile del dicastero di via Veneto illustrerà la strategia sugli ecobonus e su gli altri aiuti al settore dal 2025 al 2027, con una programmazione che rispetto al passato sarà triennale e non annuale rispetto al passato, proprio per favorire le case automobilistiche nella programmazione degli investimenti.
In verità, un piccolo preludio del tavolo di oggi c’è stato ieri, quando sono trapelate indiscrezioni su un’accelerazione verso un accordo tra la casa automobilistica cinese Dongfeng Motors e lo stesso governo italiano per venire a produrre in Italia. Tutto il mondo dell’automotive in Italia — Stellantis in primis — avrebbe letto questa mossa come un segnale per rafforzare la strategia del ministro Urso. Il quale da mesi spinge sia per aumentare a un milione la produzione domestica di mezzi (adesso, compresi i veicoli commerciali, siamo a 715mila unità) sia per installare nel nostro Paese un secondo costruttore dopo il colosso italo-francese. Con il quale — molto probabilmente a settembre — si inizierà a trattare in maniera più decisa sugli investimenti sul futuro degli stabilimenti e dei marchi italiani del gruppo (in primo luogo il sito di Mirafiori e la Maserati) e sullo sviluppo della Gigafactory che all’interno della joint venture Acc (con Mercedes e Total) sorgerà a Termoli.
MODALITÀ
Tornando al piano incentivi, come detto, la prima novità è la durata: avrà un respiro triennale e non annuale come è stato fatto per le campagne precedenti. Rispetto al passato il governo è pronto ad aumentare le risorse destinate ai nuovi insediamenti industriali. Al momento, il Mimit sarebbe orientato a confermare le risorse finora garantite per gli incentivi: cioè un miliardo per spingere gli italiani a rottamare le vecchie vetture, sostituendole con mezzi meno inquinanti — a benzina come elettriche — senza dimenticare di aiutare in questo passaggio le fasce di popolazioni meno abbienti.
Non sarebbe stato ancora decisa la ripartizione delle risorse, che nel piano del 2024 ha visto destinare 240 milioni al segmento Bev. Fondi esauriti in poche ore anche perché, rispetto al passato, è stato consentito l’accesso alla rottamazione anche alle società di autotrasporto e di leasing. Infatti, dopo quella fiammata, la vendita di auto con questi propulsori è tornata a coprire meno del 4 per cento del mercato.
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