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E si riapre il cantiere del premierato. Via libera della Camera ad ottobre


Certe riforme, così come gli amori, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Succede così per il premierato, innalzata a madre di tutte le riforme per Giorgia Meloni, e poi sbalzata fuori dal calendario dei lavori parlamentari per mesi. Complice l’accordo politico per dare precedenza all’autonomia e alla riforma della separazione delle carriere, ma anche la sfilza di decreti-legge che hanno tenuto occupata la commissione Affari costituzionali della Camera. Da ultimo il decreto Sicurezza che ha spento le speranze di chi ipotizzava la ripresa già dopo Pasqua. A un anno dalla prima approvazione in Senato, il cantiere della riforma costituzionale riparte. La via per l’Aula, però, è ancora lunga. E lastricata di ostacoli. Nonostante la richiesta del ministro del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, di inserire il provvedimento nel calendario dei lavori dell’assemblea per luglio.

LE AUDIZIONI

Il primo appuntamento è fissato a martedì alle 12, con la ripresa delle audizioni già avviate ad autunno scorso e poi bloccate. Dei sessanta nominativi proposti da maggioranza e opposizione, restano circa una ventina gli esperti da sentire. Ma l’intenzione, trattandosi di un ddl e non un dl — è quella di procedere con gradualità, magari spalmando 4-5 audizioni a settimana. Una road map che permetterebbe di indicare il termine per la presentazione di emendamenti entro fine luglio, portando a concentrare il voto sulle proposte di modifica al ritorno dalle vacanze estive. Per questo alcuni, nella maggioranza, fuor di taccuino, ipotizzano che realisticamente la riforma potrebbe essere approvata in autunno, già entro ottobre.

I NODI

Sulla difficoltà di immaginare il provvedimento in Aula in estate influisce anche l’elenco di ritocchi che potrebbero essere inseriti in questa sede. L’ultima utile prima che scatti la seconda lettura, prevista per tutti i disegni di legge di modifica costituzionale. «I tempi dell’Aula sono legati ai tempi che vivremo in commissione», spiega il presidente Nazario Pagano, convinto che «vadano adottate tutte le cautele immaginabili», a maggior ragione perché «non si tratta di una riforma intoccabile». Un’osservazione che fa il pari con il monito della ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati che, durante l’ultimo question time in Senato, ha ribadito di «accingersi ad affrontare il dibattito alla Camera senza chiusure pregiudiziali». I nodi da sciogliere, d’altronde, non mancano. Il primo ha a che vedere con la costituzionalizzazione di un «premio su base nazionale» da garantire in ciascuna delle due Camere per il raggiungimento della maggioranza. Un rinvio esplicito al sistema elettorale, da definire mediante legge ordinaria, che ha destato più di qualche perplessità. Così come sulla norma anti-ribaltone, che prevede, in determinati casi, la nomina di un secondo premier appartenente alla stessa maggioranza del primo. Ma che, secondo alcuni, rischia di avere più potere rispetto al predecessore. Da ultimo, poi, il peso della circoscrizione estero. Quel che è certo, assicurano dal centrodestra, è che solo dopo il secondo ok di Montecitorio alla riforma, si potrà cominciare a parlare chiaramente di legge elettorale. Anche se finora non sono mancati abboccamenti informali tra i responsabili dei partiti. Il mantra del partito della premier è che la riforma si farà, in tempo per la fine della legislatura. La partita del referendum confermativo, invece, andrà rimandata al 2028. Dopo l’ autonomia e la separazione delle carriere, il premierato torna in pista, anche se non accelera. Ma guai a pensare che sia finito in cavalleria: «Il meglio — ironizzano da via della Scrofa — arriva alla fine».

Valentina Pigliautile

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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