19.05.2025
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Economy

Duello Italia-Francia sul taglio dei vigneti


Le cantine sono ancora piene del vino degli anni scorsi e di vino se ne beve (e vende) sempre meno. Per mantenere il reddito delle aziende una strada è quella della estirpazione dei vigneti, col conseguente calo della produzione. Ipotesi seriamente in discussione a Bruxelles dove su fronti diversi sono Francia, Italia, Spagna. Le tre potenze europee del settore, invece, fanno poi fronte comune contro i Paesi del Nord che vorrebbero imporre limitazioni per motivi sanitari al consumo di vino.

LE CIFRE
I numeri redatti un mese fa dagli uffici del ministero dell’agricoltura, dicono che solo in Italia le giacenze di vino in cantina ammontano a 39,6 milioni di ettolitri e 2,5 milioni di mosti, nonostante la disastrosa annata produttiva 2023 (-23% sull’anno precedente, tanto da aver perso il primato della quantità sulla Francia). A fronte di una produzione che grosso modo quest’anno dovrebbe mantenersi stabile, continuano a calare le esportazioni. Il dato più recente è di appena due giorni fa e riguarda la Grande distribuzione in Usa, Gran Bretagna e Germania. Secondo l’Osservatorio Uiv su dati Nielsen-Iq, il saldo complessivo del primo semestre 2024 nei tre mercati leader mondiali della domanda di vino, segna un tendenziale -4,3% dei volumi commercializzati per un valore di 13,9 miliardi di euro (-1,5 %). L’Italia è stabile (+0,9%, 2,3 miliardi di euro), ma solo in virtù agli aumenti legati all’inflazione. Gli unici valori positivi a livello mondiale (+16 %) riguardano i vini dealcolati (dove però l’Italia sta scontando ritardi dovuti al mancato recepimento delle normative europee).

In una situazione così pesante, non potevano non esserci punti di vista diversi e contrastanti già nel corso della prima riunione del Gruppo di alto livello del settore vitivinicolo che si è tenuta a Bruxelles. L’organismo – composto da funzionari della Direzione generale agricoltura, dai ministeri competenti dei vari Paesi, dalle sigle sindacali di tutta Europa – entro la primavera dovrà “raccomandare” alla Commissione come cambiare la Pac (Politica agricola comunitaria) a partire dal 2027. Una sfida non di poco conto che peserà sul futuro del settore. La tradizionale politica di sostegni finanziari per la promozione è entrata in crisi perché la coperta è sempre più corta: 380 miliardi di euro in sette anni, da dividere tra 27 Paesi. Ecco così la spada di Damocle rappresentata da provvedimenti più drastici a partire dall’estirpazione dei vigneti per ridurre la produzione e mantenere alti i prezzi.

Le posizioni sono fluide anche perché all’interno degli stessi maggiori paesi produttori, spesso non coincidono le posizioni di cooperative e industriali. La Francia al momento sembra sbilanciata sul sì, tanto da aver già avviato una campagna di estirpo di 37 mila ettari di vigneto a Bordeaux. In Italia la posizione dell’industria di settore è nettamente contraria. «Dobbiamo garantire strumenti e risorse a chi vuole restare sul mercato, non a chi lo vuole abbandonare», afferma Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana vini. «Ragionare quindi – aggiunge — in un’ottica propositiva e non solo sul contenimento dell’offerta. La priorità è la competitività e non l’abbandono al settore».

LE POSIZIONI
Sulla stessa posizione italiana anche la Spagna, terza potenza continentale del settore. «L’uso eventuale di fondi pubblici per gli espianti dovrebbe essere sottoposta a condizioni molto rigide», ha affermato lo spagnolo Ignacio Sánchez Recarte, segretario generale del Ceev, l’associazione europea degli industriali del vino. Assolutamente compatto, invece, il fronte Francia-Italia-Spagna, contro la minaccia ventilata a Bruxelles — gradita da tutti i Paesi del Nord — di non considerare più il vino prodotto agricolo ma industriale, eliminando ogni sostegno della Pac. Ipotesi che cammina di pari passo con la proposta del Piano europeo di lotta al cancro che spinge la Commissione a promuovere già entro il 2025 un calo del 10% del consumo di alcol, anche tramite l’imposizione di etichette allarmistiche sulle bottiglie. I provvedimenti, se approvati, metterebbero in crisi un settore che con 3 milioni di occupati contribuisce ogni anno con 130 miliardi di euro al Pil.

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