Due anni in più. L’Italia proporrà alla Commissione europea di prendere tempo per il rimborso dei prestiti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ovvero i rimborsi degli Eurobond con cui l’Ue ha raccolto sui mercati i fondi, ormai cinque anni fa, per finanziare il Recovery. È quanto emerge da un documento del governo finito sulla scrivania della premier Giorgia Meloni e visionato dal Messaggero.
Una roadmap stilata dal ministero degli Affari europei di Tommaso Foti con cui l’Italia indica le priorità di spesa per il prossimo Quadro finanziario pluriennale (Qfp) dell’Ue. Il governo — che Meloni riunirà per un vertice ad hoc con tutti i ministri martedì prossimo — prende atto di una congiuntura economica complessa. Dazi, guerra in Ucraina, inflazione. E annota lo sforzo titanico che si profila all’orizzonte per la Commissione, cioè il rimborso del Next generation Eu che comporterà una riduzione “di fatto” del bilancio europeo. Quasi il 20 per cento dell’attuale budget Ue sarà impegnato nei prossimi anni per restituire i prestiti contratti.
Di qui la richiesta, per non svuotare subito le casse comunitarie ora che bisogna attingervi per altre emergenze — dal “riarmo” europeo a eventuali ristori per la guerra commerciale con Trump — di un “rollover” dei rimborsi del Pnrr, cioè di un rinvio. La fatica insomma si fa sentire. E percorre tutta la strategia italiana per il prossimo quadro finanziario europeo — che finirà sul tavolo del Consiglio europeo di fine giugno — con Palazzo Chigi deciso a chiedere agli Stati membri sforzi “extra” per fronteggiare le emergenze.
Si parte dall’immigrazione. Meloni e il governo chiederanno a Bruxelles, uno strumento finanziario ad hoc per il Mediterraneo e il “vicinato meridionale”. Cioè fondi aggiuntivi per i partenariati con Paesi terzi di origine e transito dei migranti — dalla Libia alla Tunisia e l’Egitto — attingendo a tutti gli strumenti finanziari a disposizione. Risorse da erogare, è l’appunto che l’Italia porterà sui tavoli europei, senza troppe condizionalità (riforme, lotta alla corruzione, democrazia). Comprensibili per i Paesi in lista di attesa per aderire all’Ue (come i Balcani) annota il governo, molto meno per Stati con cui stringere accordi per limitare le partenze.
Fra le righe l’Italia promette di battersi per una maggiore flessibilità nell’allocazione dei fondi. Ad esempio proponendo di finanziare con un fondo ad hoc esterno al bilancio Ue o comunque non computato nei limiti del Qfp la ricostruzione dell’Ucraina, a cui sarà dedicata la conferenza di Roma a metà luglio. Tempi straordinari richiedono strumenti adeguati. Ed è da questo assunto che partono i tecnici di Palazzo Chigi quando spiegano che all’Europa bisognerà chiedere «solidi fondi di emergenza» al di fuori delle assegnazioni nazionali. Per le calamità naturali. O per l’agricoltura europea (e italiana) su cui pende la mannaia dei dazi di Trump. Tenendo conto delle diverse esigenze degli Stati membri nell’allocazione delle risorse per il settore e di «parametri oggettivi» come il costo del fattore terra, la produzione, il potere d’acquisto.
LA LISTA A BRUXELLES
L’agenda che Meloni squadernerà al Consiglio europeo di fine mese è ricchissima. C’è la proposta italiana — discussa e concordata nel bilaterale romano tra Meloni ed Emmanuel Macron — di un Fondo europeo per la competitività per rafforzare le «catene del valore made in Europe» e ridare slancio ai «programmi di punta dell’Ue in ambito spaziale» (non ne sarà entusiasta il patron di Space X Elon Musk).
E insieme finanziare la transizione ecologica — incluso il settore automotive — purché tenendo fede al principio, scrive il governo, della «neutralità tecnologica». Migranti, Ucraina e Pnrr, Meloni punta a riscrivere l’agenda europea. E chiede di rallentare i giri sui prestiti Ue del Pnrr per tenere conto della tempesta in atto. Appuntamento martedì nella Sala Verde di Palazzo Chigi con tutti i ministri per riempire di stime e numeri la “lista della spesa” europea. Intanto da Bruxelles è arrivato l’ok alla revisione del Pnrr chiesta da Roma.
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