Non ha strappato un biglietto per l’incontro fra Putin e Trump in Alaska. Ma proverà a restare appena fuori, sull’uscio. L’Europa batte un colpo per le trattative sulla guerra in Ucraina. Allunga una mano a Volodymyr Zelensky: una pace decisa a tavolino sulla pelle del Paese aggredito «è inaccettabile». Mette sul tavolo un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, il diciannovesimo, per «aiutare l’Ucraina nelle trattative». Domani i principali leader europei si collegheranno con Trump e il vice JD Vance per coordinarsi in vista del summit di ferragosto.
IL VERTICE CON TRUMP
Officia il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Presente la premier Giorgia Meloni a fianco dei due presidenti dell’Ue, von der Leyen e Costa, Macron, Starmer, il polacco Tusk e il finlandese Stubb, oltre al segretario della Nato Mark Rutte. Nel pomeriggio, a stretto giro, sentiranno insieme il leader ucraino. Sabato il Tycoon aggiornerà gli alleati d’oltreoceano, ex post.
Tradisce una certa preoccupazione questa girandola di vertici online a due giorni dallo storico faccia a faccia. Palpabile nelle parole di Kaja Kallas, l’alto rappresentante dell’Ue che ieri ha presieduto una riunione di emergenza del Consiglio affari esteri. «La sequenza dei passaggi è importante: prima serve un cessate il fuoco incondizionato, con un solido sistema di monitoraggio e garanzie di sicurezza a prova di ferro» ha esordito al vertice l’estone a capo della diplomazia Ue.
«Finché la Russia non avrà accettato un cessate il fuoco pieno e incondizionato, non dobbiamo neppure discutere di eventuali concessioni». Pausa. «In passato non ha mai funzionato con la Russia e non funzionerà con Putin oggi». Messaggio a Trump. Con cui per ora l’Europa serra i ranghi. Ancora Kallas: «È fondamentale mantenere l’unità dell’Ue e quella transatlantica». Collegato al vertice, Antonio Tajani condensa la linea italiana. Ricorda che l’Europa «deve partecipare ai negoziati» sulla tregua perché ha «imposto forti sanzioni alla Russia e la nostra sicurezza è a rischio».
Dunque passa alle richieste, o meglio i diktat, arrivate negli ultimi giorni dal Cremlino. Alcune sono «inaccettabili» tuona il ministro degli Esteri che in questi giorni è in costante contatto con la premier. «Come l’imposizione della lingua russa nei territori occupati o le rivendicazioni territoriali», o ancora la «smilitarizzazione» dell’Ucraina. Senza contare le mire di Putin sulla regione di Zaporizhzhia la cui centrale nucleare «deve rimanere nelle mani dell’ucraina, all’interno di un’area demilitarizzata». Quanto alle garanzie di sicurezza per Zelensky, scripta manent: «Serve un trattato per evitare nuove aggressioni».
LA LINEA DELLA PREMIER
Ecco i paletti italiani. Meloni è decisa a piantarli domani a conclave con i leader europei e la casa bianca. Con i suoi la premier predica cautela. È fondamentale in questo momento che l’Europa «tenga agganciati gli Stati Uniti». Come non va drammatizzata l’assenza di Zelensky in Alaska perché — è il ragionamento della leader italiana — siamo a una fase iniziale dei negoziati e la speranza è che Trump costringa Putin a mostrare le sue carte. All’Europa il compito di non abbandonare al suo destino Zelensky.
Un accordo a scatola chiusa in Alaska — i russi hanno fatto sapere agli americani che sono pronti a ospitare in casa un secondo round — è uno spauracchio che aleggia fra i tavoli dei leader Ue. Di qui la barra dritta. Racchiusa nel comunicato firmato da meloni insieme al gruppo di testa europeo sabato sera. Ovvero: nessun accordo sui territori da cedere finché non sarà siglato un cessate-il-fuoco. E come corollario: eventuali cessioni territoriali dell’ucraina non potranno essere forzate dall’alto. «Sappiamo che non sarà facile trovare un accordo» sospira Tajani durante la videoconferenza fiume di tre ore, sospesa fra Ucraina e Gaza.
Domani il contatto fra Ue e Stati Uniti che può diradare la nebbia alla vigilia del d-day. Intanto l’Europa rilancia il percorso di adesione comunitaria dell’Ucraina (mentre sull’adesione alla Nato gli alleati frenano, a partire dall’Italia). Sul tavolo la pistola delle nuove sanzioni contro l’economia russa. Sperando non siano solo proiettili di gomma.
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