L’ultimo dato la Banca d’Italia lo ha reso noto ieri. Il debito pubblico italiano ad aprile ha raggiunto i 3.063 miliardi di euro. A far salire il passivo di una trentina di miliardi, sono stati sostanzialmente due fattori. Il primo è stato il fabbisogno pubblico.
Le esigenze di cassa dello Stato hanno comportato emissioni per 21 miliardi. Il secondo fattore è la decisione del Tesoro di continuare a mettere fieno in cascina e far salire le proprie disponibilità liquide, arrivate a 69,4 miliardi di euro, vale a dire 7 miliardi in più del mese precedente. Quello che vale però la pena di approfondire, è ancora una volta la composizione dei detentori del debito pubblico italiano. I dati della Banca d’Italia mostrano la continua corsa agli acquisti dei fondi esteri. Da tempo la quota detenuta nei portafogli stranieri era scesa sotto il 30 per cento del totale.
LA SOGLIA
Da qualche mese è ritornata sopra questa soglia e, ad aprile, ha superato il 32 per cento, arrivando al 32,4 per cento, con un guadagno di mezzo punto percentuale in un solo mese. Prima che la Banca d’Italia pubblicasse le sue statistiche, il trend era già chiaro dai risultati delle aste. I fondi internazionali sono alla ricerca di “porti sicuri” dopo le tensioni sui Treasury americani e sul dollaro. E l’Italia è uno di questi. Due settimane fa il Dipartimento del debito ha collocato sul mercato un Btp a 5 anni e un Btp green per 17 miliardi, e sono arrivate richieste per 210 miliardi di euro.
È l’effetto anche del miglioramento dei giudizi delle agenzie di rating. I Btp sono un investimento sicuro e, per ora, redditizio (i rendimenti sono in discesa insieme allo spread). Chi invece sembra esserersi preso una pausa, sono le famiglie italiane. In un paio di anni sono passati dal detenere il 6 per cento circa del debito, al 14 e passa per cento.
Ora non crescono più. Ma anche questo in prospettiva non sarà un problema. C’è infatti un aspetto poco considerato del “nuovo assetto” dei detentori del debito pubblico.
LA RILEVAZIONE
Lo ha rilevato qualche giorno fa la banca d’affari americana Goldman Sachs in un suo report. «Mentre la domanda al dettaglio ha già raggiunto il picco lo scorso anno e gli investitori stranieri hanno notevolmente aumentato la loro esposizione», si legge nel rapporto di Goldman Sachs, «il settore finanziario interno attualmente possiede la quota più bassa di Btp detenuti negli ultimi 25 anni». Questa quota, come ha spiegato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio nel suo Rapporto sulle Politiche di Bilancio, è oggi di poco superiore al 20 per cento (20,3 per l’esattezza).
Ma soprattutto, suggerisce ancora Goldman, «gli acquirenti domestici hanno spazio per assorbire la prossima offerta di Btp». Nei prossimi anni infatti, il mercato del debito pubblico potrebbe diventare particolarmente affollato. A partire dall’America.
Donald Trump sta mandando avanti la sua riforma delle tasse, il «Big beautiful bill», che aumenterà il deficit statunitense, secondo le stime, di circa 3.700 miliardi nei prossimi dieci anni.
Sull’altra sponda dell’Atlantico, quella europea, le cose non sono tanto diverse. Il Vecchio continente è alle prese con la necessità di aumentare le spese per la difesa.
La Germania ha già annunciato che nei prossimi anni, tra nuove spese in infrastrutture e costi del riarmo, investirà mille miliardi di euro. Tutti soldi che aumenteranno le emissioni di bund. Per questo insomma, lo spazio nei bilanci delle banche e delle assicurazioni italiane, dove è custodita la ricchezza delle famiglie, saranno un utile cuscinetto nel caso dovessero crearsi tensioni in un mercato così affollato e in tempi in cui l’incertezza la fa da padrone.
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