Continua a infiammare il dibattito politico e civile il ddl sicurezza, presentato il 22 gennaio di quest’anno dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal ministro della Difesa Guido Crosetto che accorpa nuove disposizioni «in materia di sicurezza pubblica».
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Dopo l’approvazione alla Camera, avvenuta il 6 agosto, il testo del decreto si trova ora vaglio del Senato. Vediamo quali sono i temi più significativi contenuti nel ddl.
Legge anti-Ghandi
Una delle norme più contestate del decreto è la norma «anti-ghandi», ripresa ieri dal ministro Piantedosi durante un’interrogazione in Parlamento sugli scioperi nel settore della logistica. Questa norma prevede pene severe per chi blocca strade o ferrovie scioperando o manifestando. In particolare, il provvedimento stabilisce una pena fino a un mese di reclusione per i singoli manifestanti, che può aumentare da sei mesi a due anni di carcere se l’azione è compiuta da più persone. La norma riprende il nome da Mahatma Ghandi, simbolo della lotta di resistenza non violenta, e servirebbe per disincentivare le manifestazioni degli attivisti del clima che in diverse occasioni hanno manifestato per il clima bloccando strade e ferrovie. Saranno illegali anche i sit-in degli operai davanti alle fabbriche che licenziano o quelli degli studenti davanti alle scuole. Condanne più pesanti peseranno su chi, durante le manifestazioni che si svolgono in luoghi pubblici o aperti al pubblico, si rende colpevole del reato di danneggiamento, come gli atti di vandalismo compiuti con pitture su
Legge anti-Salis
C’è anche «Il reato di occupazione arbitraria di un immobile destinato a domicilio altrui», punito con la reclusione da 2 a 7 anni. La norma è stata ribattezzata «anti-Salis» per le polemiche nate a luglio sull’europarlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, che sarebbe stata trovata all’interno di un alloggio del Comune di Milano, da un ispettore nel 2008.
Cannabis Light
Una delle battaglie più controverse portate avanti dalla maggioranza riguarda il divieto di vendita di cannabis light. Lo scorso giugno, il Ministero della Salute aveva pubblicato un decreto mirato a vietare la vendita di prodotti per uso orale contenenti Cbd, come oli e tisane, se non tramite farmacia e con ricetta medica. Per i trasgressori sono previste pesanti sanzioni: dagli 8 ai 20 anni di reclusione per chi coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, sostanze stupefacenti o psicotrope. Il governo ha giustificato il provvedimento spiegando che «l’assunzione di prodotti da infiorescenza della canapa possa favorire, mediante alterazioni dello stato psicofisico, l’insorgere di comportamenti che possono porre a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale».
Niente sim senza permesso di soggiorno
Poi, l’articolo 9, che intende revocare la cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo, eversione e altri gravi reati. In tema di diritti, viene disposta la chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni per i negozianti che vendono schede sim senza procedere all’identificazione dei clienti. Ma, soprattutto, il ddl dispone che il cittadino di un paese che non fa parte dell’Unione europea, sprovvisto di permesso di soggiorno in Italia, non possa stipulare un contratto di telefonia mobile. In altre parole, un migrante in condizione di irregolarità viene privato dell’unico strumento che gli permette di comunicare con la famiglia lontana.
Misure per le forze dell’ordine e altre novità
Tra le altre misure approvate, vi è l’autorizzazione per gli agenti di sicurezza a portare alcune tipologie di armi anche fuori servizio, e l’incremento delle spese legali anticipate per gli atti compiuti durante il servizio. È prevista inoltre l’introduzione delle bodycam per gli agenti e restrizioni sulla vendita di Sim agli stranieri extra-Ue senza permesso di soggiorno.
Stretta sulle carceri
Stretta anche all’interno delle carceri: il ddl prevede una serie di disposizione volte a grantire «maggiore sicurezza» nelle carceri. Fra queste, è passata una norma che introduce nel codice penale anche la «resistenza passiva» in carcere.
Chi «partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti, commessi in tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni». In tale contesto «costituiscono atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva». Una norma che vale anche per i Cpr.
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