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Dazi sulle auto elettriche cinesi, di quanto aumenta il prezzo finale? Ecco il regolamento europeo


Ultime ore di negoziato nel filo diretto Bruxelles-Pechino; poi, da oggi, le auto elettrichemade in China” potrebbero costare fino a quasi il 38% in più del loro prezzo di listino. La Commissione Ue pubblicherà in Gazzetta ufficiale questa mattina, nell’ultimo giorno utile secondo i termini della procedura, l’atteso regolamento che, pur senza automatismi di sorta, decide sull’imposizione temporanea di dazi sull’importazione dei veicoli a batteria cinesi accusati di fare concorrenza sleale alle e-car europee. Ma la porta del dialogo con i vertici della Repubblica popolare resta bene aperta a tutti i livelli, dal tecnico al politico, assicurano a Bruxelles: se, da una parte, il balzello non verrà ancora riscosso dalle autorità Ue, dall’altra ci sono quattro mesi di tempo, fino al 2 novembre, per continuare a trattare ed evitare che le tariffe diventino definitive.

L’INDAGINE
È quello lo snodo che rischia di infiammare davvero la guerra commerciale con la Cina, e che dovrà essere in ogni caso anticipato da un via libera (non scontato) da parte dei governi dei 27 riuniti nel Consiglio. Che ora — Berlino in testa — puntano i piedi di fronte alle temute conseguenze della contrapposizione. Dopo un’indagine anti-dumping durata nove mesi (la prima ad essere stata avviata d’ufficio e non in seguito a una segnalazione di parte), tre settimane fa l’esecutivo Ue aveva concluso in via preliminare che l’intera filiera dei veicoli elettrici cinesi «beneficia pesantemente di sussidi ingiusti», tanto che «l’afflusso di importazioni sovvenzionate a prezzi artificialmente bassi rappresenta una minaccia per l’industria dell’Ue». Bruxelles aveva rilevato allora che ogni fase del processo di produzione dei veicoli elettrici — dall’estrazione del litio utilizzato nelle batterie fino alla spedizione della vettura assemblata nei porti europei — sarebbe alimentata da sussidi pubblici cinesi erogati a livello nazionale, regionale o locale.

In risposta all’offensiva Ue, Pechino ha a sua volta avviato un’indagine sulle pratiche commerciali sleali nell’import di carne di maiale dall’Ue, che si affianca a una già aperta relativa ai super-alcolici. Segnali eloquenti, a partire da nicchie di mercato: in caso di scontro frontale, infatti, la rappresaglia commerciale cinese potrebbe spingersi fino a colpire prodotti agroalimentari, auto di lusso e aerei civili. E infatti tra i Paesi Ue monta lo scetticismo sulla crociata. La Germania, le cui case automobilistiche hanno realizzato in Cina un terzo delle loro vendite nel 2023 e ieri — riunite nell’associazione di settore Vda — hanno esortato la Commissione a tornare sui propri passi, vorrebbe evitare i dazi, e potrebbe giocare di sponda con Polonia e Repubblica Ceca. A favore dei prelievi, invece la Francia, a cui si potrebbero affiancare Spagna e Italia. Per approvare l’istituzione delle tariffe serve la maggioranza qualificata (cioè minimo 15 Stati, in rappresentanza di almeno il 65% della popolazione Ue).

Nel dettaglio, l’esecutivo Ue valuta di applicare cinque livelli di tariffe compensative. Alla luce degli scambi intercorsi con le autorità cinesi, i prelievi sarebbero stati, in alcuni casi, marginalmente rivisti di qualche decimale rispetto a quanto ipotizzato dalla Commissione, come riportato da Bloomberg. Per i tre produttori di auto cinesi inclusi nel campione dell’inchiesta, i dazi dovrebbe essere pari al 17,4% per Byd, a circa il 20% per Geely (che controlla la svedese Volvo) e al 37,6% per Saic (che ha una joint venture con la tedesca Volkswagen; il calo più pronunciato, -0,5%). Altre case automobilistiche che hanno collaborato all’indagine sarebbero soggette a un prelievo di poco meno del 21%, che diventerebbe del 37,6% per quanti non hanno cooperato.

I PRELIEVI
I balzelli si aggiungono a un dazio già esistente del 10%: ciò vuol dire che, tenendo conto di tutti i prelievi, un’auto elettrica “made in China” può costare anche quasi il 50% in più del suo prezzo originale. Calcolatrice alla mano, una tariffa di circa il 17% farebbe aumentare di oltre 5mila euro il costo di un’auto “entry level” che ne vale 30mila; un livello di poco meno del 38%, invece, si tradurrebbe in un incremento di prezzo di più di 11mila euro. Il dazio non si applica, in linea di principio, agli ordini già effettuati. I consumatori europei che hanno ordinato un’auto elettrica da uno dei produttori cinesi in questione prima di oggi, insomma, dovrebbero evitare brutte sorprese in fattura se il prezzo è stato già pattuito e “bloccato” nei contratti di compravendita.

I tecnici Ue, tuttavia, si sono detti piuttosto fiduciosi che i produttori di e-car del gigante asiatico siano in grado di “assorbire” il valore economico del giro di vite imposto da Bruxelles senza, per questa ragione, trasferire l’onere dei dazi sui consumatori finali. Stando ai dati di Eurostat, le vendite di auto a batteria cinesi nell’Ue sono cresciute a ritmo record, passando dalle 57mila unità del 2020 alle oltre 437mila dell’anno scorso.

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