26.07.2025
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Economy

Dazi, l’Ue prepara la contromossa sulle Big Tech. Trump apre all’accordo con Bruxelles


La trattativa sui dazi tra Usa ed Ue prosegue serrata, anche se la sua dinamica finisce per ricordare quella del giorno della marmotta. A Washington, che ritiene un accordo possibile, risponde Bruxelles ipotizzando un terzo pacchetto di contromisure, stavolta con i servizi nel mirino. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto al canale tv di ultradestra “Real America’s Voice” che un’intesa con l’Ue «potrebbe essere raggiunta», sebbene il Vecchio continente sia stato «brutale» negli scambi commerciali, segnando un forte avanzo nell’esportazione di merci: «Ma ora sta cambiando atteggiamento e mostra disponibilità.

I NODI

Gli europei sono desiderosi di trovare un accordo, che sarà molto diverso da quello degli ultimi anni», ha aggiunto Trump.

Il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic è, da ieri, a Washington, impegnato in incontri separati con i due omologhi Howard Lutnick e Jamieson Greer per trovare la quadra prima della scadenza fissata da Trump al 1° agosto. Data-limite che, hanno affermato ieri dalla Casa Bianca, «non sarà rinviata». Quel giorno, in caso di “no deal”, gli Usa applicheranno alle merci importate dall’Ue un dazio generalizzato del 30%, ulteriore rispetto al 50% che già si incassa (non essendo mai stato sospeso) su acciaio e alluminio e al 25% su automobili e componentistica.

Intanto, si tratta sui dossier più delicati, a cominciare proprio dalle quattro ruote: secondo il Financial Times, tramontata l’idea di un meccanismo di favore per le aziende automobilistiche pronte a investire negli impianti americani, la Commissione avrebbe proposto di eliminare il dazio del 10% sulle auto “made in Usa” esportate nell’Ue, a condizione che Washington riduca le proprie sovrattasse al di sotto del 20%. Sono lontani i tempi in cui si trattava per lo zero reciproco: l’obiettivo Ue, ora, è incassare un compromesso che mantenga il prelievo generalizzato tra il 10 e il 15%.

Ma se i colloqui vanno avanti, di fronte all’imprevedibilità americana Bruxelles intensifica il lavoro per farsi trovare pronta al peggio, cioè a un naufragio dei negoziati. Secondo quanto filtrato a Bruxelles, Sefcovic avrebbe informato gli ambasciatori dei 27 Paesi Ue dei preparativi in corso per un nuovo pacchetto di contromosse. Un terzo, dopo quello di controdazi da 21 miliardi (sospeso fino al 6 agosto) e l’altro dal valore di 72 miliardi che includono aerei civili Boeing, whisky, suv e pick-up, non ancora adottati formalmente.

LE OPZIONI

Bruxelles affila le armi e, secondo quanto riferito da fonti diplomatiche, valuta di colpire i servizi, ambito in cui sono gli Usa ad avere un vantaggio commerciale nei rapporti con l’Ue. «Non ci resta che passare ai servizi, visto che sui beni abbiamo esaurito le opzioni. E se Trump dovesse attaccare la farmaceutica o il microchip, noi avremmo contromisure pronte», ha spiegato un diplomatico sentito da Politico.

Nel consueto derby Ue, i governi di Francia e Austria hanno evocato apertamente l’ipotesi di una ritorsione contro i servizi, idea che trova molte cautele tra gli Stati che temono possa essere la miccia capace di innescare un’escalation. Ad aprile, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva aperto una tassa sui ricavi pubblicitari delle Big Tech; Stando alle discussioni in corso, però, la ritorsione non si limiterebbe ai soli servizi digitali, estendendosi ad esempio puro alla consulenza finanziaria.

Quanto al resto del mondo, Trump ha annunciato che una nuova raffica di lettere è pronta a partire: destinazione oltre 150 Paesi, a cui si applicherà un’aliquota unica compresa tra il 10 e il 15%. «Sarà la stessa per tutti», ha precisato: «Non si tratta di grandi Paesi, ma di partner che fanno pochi affari» con gli Usa. E se l’accordo con l’India sarebbe all’orizzonte, «è troppo presto» per parlare di intesa con il Canada.

Con il segretario americano al Tesoro Scott Bessent a Tokyo per incontrare il premier giapponese Shigeru Ishiba, i dati rilasciati ieri mostrano come — a fronte di dazi Usa al 25% e in assenza di un accordo — l’export nipponico verso gli Stati Uniti si sia contratto dell’11,4% su base annua, in calo per il terzo mese consecutivo.


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