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Dazi, l’idea di un pre-accordo come Londra. I contatti tra Roma e gli alleati europei


L’Europa tira il freno e Giorgia Meloni tira un sospiro di sollievo. Il governo italiano incassa con soddisfazione la retromarcia della Commissione europea: i contro-dazi comunitari — una scure pronta ad abbattersi contro beni americani per 21 miliardi di euro — sono sospesi. Stand-by fino al 1 agosto. Si tratta ancora dunque ed è questo il mantra della premier italiana che ieri (concedendosi una pausa per seguire la finale di Wimbledon) ha trascorso una domenica con il telefono in mano. Contatti e telefonate con i principali leader europei — da Macron al cancelliere Merz — e anche con la Casa Bianca: una nuova telefonata con Donald Trump potrebbe partire in queste ore. «Anche oggi il governo è in stretto contatto con la Commissione europea e con tutti gli attori impegnati nella trattativa sui dazi» fa sapere nel tardo pomeriggio la presidente del Consiglio, poco prima di riversare sui social l’entusiasmo per l’incoronazione inglese di Jannik Sinner. Messaggio fra le righe alle opposizioni che per tutto il giorno hanno accusato la leader del governo di essere «sparita» dopo l’annuncio choc di Trump. «È in modalità aereo: non parla, nemmeno di fronte alla prepotenza del suo amico» l’affondo della segretaria dem Elly Schlein.

Ci mette il carico il presidente del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte: «Chiamate ‘Chi l’ha visto?’. Dopo aver sbandierato un suo ruolo centrale nelle trattative con Trump per zero dazi, ora che arrivano le letterine con i dazi al 30% Meloni è sparita». Dietro le quinte a Palazzo Chigi si lavora per scongiurare il peggio. Da un lato le telefonate di Meloni e del ministro degli Esteri Antonio Tajani — che ieri ha sentito il commissario Sefcovic e il ministro spagnolo dell’Economia Carlos Cuerpo Caballero, “falco” a favore di una risposta dura e immediata dell’Ue — per raffreddare le “teste calde” europee. Pompieri in campo, insomma, anche se mettere d’accordo ventisette Stati membri non sarà affatto una passeggiata. Dall’altro il canale sempre aperto con lo Studio Ovale e il suo inquilino. «Una guerra commerciale interna all’Occidente ci renderebbe tutti più deboli di fronte alle sfide globali che insieme affrontiamo» ha fatto sapere ieri in una nota Meloni — L’Europa ha la forza economica e finanziaria per far valere le proprie ragioni e ottenere un accordo equo e di buon senso. L’Italia farà la sua parte. Come sempre». Tradotto: nessuno smarcamento, per ora, dal fronte europeo. Tanto più dopo il passo indietro di Ursula von der Leyen sulle contro-tariffe, caldeggiato fra gli altri dalla premier italiana in un vis-a-vis giovedì a Roma, fra gli stand della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina all’Eur.

LA RETE EUROPEA

Tutto si muove in fretta. Ai piani alti dell’esecutivo permangono dubbi e scetticismo sul “metodo negoziale” della Commissione europea. In settimana il commissario al Commercio Sefcovic sarà a Roma, oggi Tajani partirà alla volta di Washington per incontrare tra gli altri l’omologo Rubio e il segretario al Commercio Howard Lutnick. Nel mirino, a Roma, l’approccio troppo “tecnico” e troppo poco “politico” seguito in questi mesi dall’Ue nelle trattative negoziali con il Tycoon americano. Di qui una convinzione che monta e viene trasferita agli alleati nel via vai di telefonate. Perché non siglare subito, entro agosto, un accordo quadro sui dazi e rimandare a un secondo momento i negoziati di dettaglio sulle singole filiere economiche? Ci è riuscito il Regno Unito di Keir Starmer — complice la “special relationship” fra Londra e Washington — con un dazio del 10 per cento solo su alcune filiere, ad esempio l’auto e l’aerospazio, rinviando a trattative successive le negoziazioni su altri settori, come l’acciaio. Troppo bello per essere vero? Il tempo dirà. Meloni chiede intanto ai partner europei di evitare reazioni emotive alla scure di Trump. O “falli di reazione” come a Palazzo Chigi bollano la proposta di Macron di attivare il meccanismo di coercizione Ue, il vero “bazooka” europeo contro l’economia americana. Due settimane sull’ottovolante tra Europa e Usa. Poi il momento della verità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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