19.07.2025
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Politics

Dazi, il rapporto difficile (dopo il disgelo) tra Meloni e Macron che chiede ritorsioni immediate sul tema tariffe


C’eravamo tanto (poco) amati. Neanche un mese dopo l’incontro del disgelo a Palazzo Chigi, tornano ad addensarsi le nuvole sull’asse Roma-Parigi. E tra i membri del governo italiano monta di nuovo una certa irritazione nei confronti dell’Eliseo. Il motivo è la reazione di fronte alla lettera con la quale Donald Trump ha annunciato dazi al 30% ai Paesi europei. Una minaccia di fronte alla quale Giorgia Meloni, nei colloqui di queste ore con ministri e collaboratori, è tornata a predicare «calma e gesso»: bisogna continuare a trattare senza allarmismi, è la linea della premier. E sorpattutto, bisogna evitare mosse affrettate. Come potrebbero essere le ritorsioni valutate in queste ore in sede europea, come una possibile tassazione extra sulle big tech americane. Una mossa che, secondo la leader del governo, non farebbe altro che aggravare il muro contro muro. 

Un approccio prudente dunque, simile a quello del cancelliere tedesco Friedrich Merz. Che invece non vede favorevole Emmanuel Macron. E’ stato tra i primi ieri, il presidente francese, a chiedere di mettere in campo una reazione «risoluta», a difesa degli interessi europei. «Ciò include — ha detto Macron — l’accelerazione della preparazione di contromisure credibili, mobilitando tutti gli strumenti a disposizione, compreso il meccanismo anticoercizione qualora non si raggiunga un accordo entro il 1° agosto». Si tratta, di fatto, del cosiddetto «bazooka» Ue, lo strumento varato due anni fa che autorizza Bruxelles a misure commerciali unilaterali, limitazioni agli investimenti e persino restrizioni agli appalti pubblici per aziende di Paesi terzi ritenuti ostili.

Una risposta muscolare, dunque. Perfino troppo, secondo chi a Roma sta seguendo il dossier. Che rischierebbe insomma di peggiorare ulteriormente la situazione, già aggravata — lamentano fonti italiane — dalla gestione non proprio brillante, per usare un eufemismo, della partita dazi da parte della Commissione Ue. 

E così Roma e Parigi si trovano, ancora una volta, schierate su fronti opposti. Come sul capitolo delle possibili truppe da inviare a Kiev, su cui l’Eliseo aveva aperto nell’ambito del formato dei «volenterosi», per poi registrare la netta chiusura di Roma. Un capitolo sul quale si era rasentato l’incidente al vertice di Tirana lo scorso maggio, quando l’Italia era rimasta esclusa. Una frattura sanata un mese dopo, con la visita di Macron a Palazzo Chigi e il lungo colloquio distensivo tra i due, in cui si era discusso — tra l’altro — anche di Difesa europea.

Frizioni che però la premier ha sempre cercato di ridimensionare. «Vedo montare molta panna su questo tema», disse da Astana un paio di mesi fa. «L’Italia e la Francia sono amiche e alleate. Hanno posizioni convergenti su molti dossier e su altri hanno divergenze. Ma questo è normale. Non è che ci siano contrapposizioni. A volte i leader discutono ma questo non compromette nulla». Ora, il nuovo confronto — a distanza — sulla reazione da mettere in campo all’annuncio dei dazi. Con una certa soddisfazione italiana, dovuta alla decisione della Commissione di congelare il primo pacchetto di controdazi per provare a proolungare la trattativa. Per l’esecutivo italiano, la dimostrazione che la linea di Roma è quella che promette di dare più risultati, rispetto all’approccio muscolare di Parigi. 


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