Un trojan all’interno del Ced del Viminale. Così l’ex super poliziotto Carmine Gallo, braccio operativo di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera e titolare di Equalize, la società di investigazione al centro dell’attività di spionaggio e dossieraggio aveva “bucato” lo Sdi, la banca dati del ministero dell’Interno, il sistema informatico interforze che contiene tutte le informazioni sulle attività di vigilanza e controllo e quelle relative a sentenze o procedimenti giudiziari.
Non solo grazie alla piattaforma “Beyond” tutte le notizie sensibili esfiltrate dalle diverse banche riservate (solo dallo Sdi 350mila) veniva elaborato dall’intelligenza artificiale e messo a disposizione dei clienti su una piattaforma dove si potevano effettuare le ricerche. Perché lo Sdi, almeno secondo quanto emerge dalle intercettazioni «è stato progettato dai ragazzi di Bologna e dai ragazzi di Colchester (nel Regno unito ndr) che sono i miei… e poi è detenuto nei server fisici di Torino che poi sono in “Rat” basta, quindi il ministero dell’Interno ha questa struttura e noi abbiamo culo… e chi ha fatto la struttura e c’ha la manutenzione per altri quattro anni e siamo a posto», così dice Nunzio Samuele Calamucci, hacker e socio di Equalize anche lui arrestato.
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Il malware
Il Rat è il malware che permette il controllo da remoto di una macchina amministratore e permette all’hacker di avere il controllo e di effettuare azioni identiche se non maggiori a quelle che può effettuare l’utente proprietario del pc, quindi anche l’Agenzia delle entrate e le Sos che solo la Finanza può esaminare. È quello che i pm milanesi, che hanno svelato una rete di controlli e informazioni vendute, definiscono «il momento più drammatico e preoccupante dell’indagine, in considerazione degli inquietanti risvolti che l’intera vicenda assume, in tale frangente, sul piano della sicurezza nazionale, unitamente alla consapevolezza di trovarsi di fronte a soggetti altamente pericolosi e spregiudicati, oltreché mossi da finalità in qualche modo eversive».
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Il trojan
Il gruppo, che avrebbe incassato oltre 3,1 milioni di euro di «profitti illeciti», aveva quindi qualcosa in più da offrire ai clienti. Perché oltre ai sistemi tradizionali di ingressi abusivi nello Sdi, che avvenivano grazie alla complicità di un poliziotto del commissariato di Rho-Pero, Marco Malerba, e del maresciallo della Finanza, in servizio alla Dia di Lecce, Giuliano Schiano, avevano un sistema che non prevedeva alert o rischi. Così in una conversazione in cui Gallo parla proprio degli “alert” sui soggetti in vista, Calamucci spiega: «Nel nostro caso non c’è alert. Le mie interrogazioni non le fa un poliziotto». E aggiunge: «I miei hanno il decreto di manutenzione 4 anni e mezzo di vantaggio su tutti.. nel frattempo scarichiamo più dati possibile». I ragazzi di cui si avvale Calamucci, spiegano i pm nella richiesta, potrebbero identificarsi in Monica Illsley, “chief of Staff» presso l’università dell’Essex, Giulio Cornelli, amministratore e socio unico della OAG Srls, Anna Sergi e Angelo Abbadessa, che avrebbero avuto un ruolo nello sviluppo della piattaforma Beyond.
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Beyond
Spiegano i pm: la piattaforma agisce sui server esteri “facendo il giro” è stata creata da Calamucci e «dalla sua più ristretta cerchia di collaboratori». Ed è Gallo a spiegare a una potenziale cliente come funzioni: «La piattaforma nasce per dare un’informazione precisa e puntuale sull’aspetto commerciale, finanziario e sull’aspetto reputazionale. Raccoglie una serie di informazioni che noi acquisiamo da una vasta complessità di database, dalla Camera di commercio all’Agenzia delle Entrate, al Cerved e le assembliamo attraverso la piattaforma e la sua intelligenza artificiale, con l’aspetto reputazionale che acquisiamo dai database del ministero dell’Interno, Presidenza del consiglio per verificare le inchieste, le condanne e i collegamenti col crimine organizzato. Ecco la piattaforma dà questo». I clienti cercavano un nome e, in caso di “flag rosso”, informazioni sensibili e rilevanti, pagarvano un extra di 2mila euro e accedere.
L’archivio
Gallo aveva portato con sé anche tutto il materiale acquisito durante la lunga carriera in polizia «C’ho tutta l’anagrafe del Comune di Platì. Tutti i cartellini anagrafici del Comune di Africo. Perché quando ero giù in Calabria, andavamo e facevamo gli accertamenti del Comune, mandavamo via gli impiegati. Dicevo andatevi a bere un caffè, ci vediamo fra mezz’ora e tutto quello che c’era lì, fotografavo, fotocopiavo, mi prendevo tutto, i cd, mi copiavo e lo portavo via. Per esempio ho un altro database che ha nessuno è su tutti i sequestri di persona, i tentati sequestri dal ‘60 a oggi, con tutti quelli arrestati». E continua: «Ma non solo ho tutta l’analisi di tutte le operazioni criminali italiane, localizzate in altri continenti, in Australia, in Vietnam, in tutto, in Cambogia, di tutti i nuclei familiari che sono andati via dalla ‘ndrangheta e si trovano in questi luoghi. Ho tutta la mappa della, delle famiglie calabresi in Germania, l’ho presa dai tedeschi quando sono andato lì per Duisburg, un attimo che si son distratti». L’enorme mole cartacea veniva informatizzata, mandata sui server esteri e quotidianamente distrutta.
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