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Francois Bayrou, ai sensi dell’articolo 50 della Costituzione, presenterà oggi le sue dimissioni al Presidente francese Emmanuel Macron. Un record senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica. È la prima volta che un premier, di propria iniziativa, chiede la fiducia — senza ottenerla – senza che siano i partiti a sfiduciarlo. La Francia, nota per la sua stabilità politica, dal 2024 — dopo lo scioglimento dell’Assemblée — vive una crisi politica senza precedenti: Bayrou è il quinto primo ministro del mandato quinquennale. E ora tutto è nelle mani di Macron che “nominera un nuovo Primo Ministro nei prossimi giorni”.
I TOTONOMI
La crisi è esplosa a causa della Finanziaria 2026 presentata da Bayrou, che puntava a ridurre il debito pubblico con tagli per circa 44 miliardi di euro, l’abolizione di due giorni festivi e la conferma della riforma delle pensioni. Una proposta che ha scatenato l’opposizione dei partiti, provocando uno tsunami di no che ha travolto Bayrou con 364 contro i 194 sì e 35 astensioni, un risultato peggiore di quello incassato dal suo predecesssore Michel Barnier.
Cosa può succedere
Gli scenari possibili ora sono due, entrambi li delineerà Macron. Il primo, considerato il più plausibile e a cui il capo dell’Eliseo avrebbe dichiarato di aspirare, è la nomina di un premier capace di unire i partiti. Tra i papabili a Matignon figurano gli attuali ministri delle Finanze Éric Lombard e della Difesa Sébastien Lecornu. Guardando a sinistra, spunta il nome dell’ex premier socialista Bernard Cazeneuve, mentre come figura più tecnica si parla di Pierre Moscovici. Nel giorno del muro contro muro, con Bayrou travolto e incapace di avviare una trattativa sul suo progetto di bilancio, si è aperto uno spiraglio di dialogo grazie all’ex premier, e oggi capo del partito macroniano Renaissance, Gabriel Attal.
Attal ha chiesto a Macron la nomina di un “negoziatore” per arrivare ad un “accordo di interesse generale” tra “le forze repubblicane”. L’ex premier invita alla “cultura del compromesso” sul bilancio, con l’idea che il futuro premier possa poi essere “il garante di tale accordo”. Per Attal si tratterebbe di una figura proveniente dal mondo politico o sindacale “capacecon il suo nome di riunire attorno al tavolo i leader politici”. L’ipotesi è quella di un accordo temporaneo, la cui missione principale e più urgente sarebbe “quella di arrivare a un bilancio per il 2026”. Ma chiunque sarà designato da Macron rischia di essere rapidamente bocciato da un’Assemblea spaccata in un clima così teso.
Elezioni
Non a caso, già ieri sono arrivate pressioni per convocare le nuove elezioni legislative. Tra queste, quelle del leader di sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon: “in prima linea c’è Macron davanti al popolo. E anche lui deve andare a casa”. In tutti gli interventi delle opposizioni in Parlamento, è risuonato il nome di Macron come quello del vero colpevole della crisi e di questo nuovo “salto nel buio” del Paese. Ma niente decisioni affrettate, questo è il mantra del Presidente francese. La dissoluzione, per ora, resta l’extrema ratio. Il capo dell’Eliseo ribadisce che resterà in carica “fino all’ultimo giorno” del suo mandato, e cioè fino alla primavera del 2027. Le presidenziali anticipate sarebbero un terremoto politico.
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