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«Da Meloni parole nette, la destra guarda avanti. Liliana Segre? Stima e rispetto, un onore lavorare con lei»


Ministro Sangiuliano, la premier Meloni nella sua lettera ha detto che FdI ha fatto i conti con il ventennio fascista decenni fa. È davvero così? E allora come spiega i saluti romani, i cori razzisti e antisemiti emersi nei video?

«La lettera di Giorgia Meloni, che condivido totalmente, è illuminante. La nostra leader ha espresso parole definitive e nette. Come lei stessa ricorda, nel 2017, con il Congresso nazionale di Trieste, abbiamo stabilito che Fdi non sarebbe stato solo il partito della destra italiana, ma che sarebbe stato qualcosa di più. Il movimento dei patrioti italiani. Sempre con le sue parole, con il Congresso programmatico di Torino del 2019 abbiamo fatto una ulteriore evoluzione, aderendo al movimento conservatore. Una visione del mondo, dei valori condivisi, che pongono al centro l’uomo, la libertà, il rispetto della vita, l’identità. Come lei stessa ha ribadito con forza, non c’è spazio, in Fratelli d’Italia, per posizioni razziste o antisemite, come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del `900, o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore».

Rispetto alla svolta di Fiuggi, si sono fatti passi indietro nel segno di un ritorno ad un identitarismo della destra radicale?

«Non c’è alcun passo indietro ma molti passi in avanti. Oggi Fdi raccoglie tante persone che vengono dalle più disparate esperienze politiche: ex liberali, ex democristiani e anche ex socialisti-riformisti. Credo tutti uniti dal sentimento del valore della Nazione, dal patriottismo e dal riconoscimento di un’identità comune».

C’è un problema di riferimenti culturali per i giovani di destra?

«Assolutamente no. A destra c’è un fortissimo fermento culturale sia nel coltivare alcuni valori storici sia nell’approcciare nuove frontiere rivolte all’analisi della società contemporanea, in particolare di una globalizzazione che, pur ontologica, nel suo essere pone problemi. È un approccio prezioso, un pensiero che guarda al progresso con fiducia ma con la consapevolezza che ci sono innovazioni capaci di migliorare la vita dell’uomo ma anche trasformazioni tecnologiche che possono essere nefaste per il futuro dell’umanità, se non gestite bene».

Quale dovrebbe essere il loro Pantheon? Perchè l’impressione è che, tolto Tolkien, ci sia poco altro

«Uno dei primi atti da ministro fu quello di recarmi nella casa-museo di Benedetto Croce che, agli inizi del Novecento, animò una grande stagione di rinnovamento della cultura italiana. La mostra che abbiamo dedicato a Tolkien ha ottenuto uno straordinario successo, con circa 80mila visitatori a Roma, oltre 90mila a Napoli. Fra poco andrà a Torino, poi a Catania e Trieste. Dedicheremo una grande mostra al futurismo e una al confronto di due grandi letterati, Yukio Mishima e Pier Paolo Pasolini, mentre al VIVE di Roma è in corso una mostra dedicata a Giuseppe Mazzini che recupera la tradizione del Risorgimento, con il rientro in Italia del celebre dipinto “Mazzini morente” di Silvestro Lega. Il Pantheon della destra è ricco e articolato. Da grandi pensatori come Chateaubriand, Edmund Burke ai grandi conservatori americani Russell Kirk, Leo Strauss, Robert Nisbet. Ronald Reagan, a cui ho dedicato una biografia, stravinse le presidenziali anche grazie a un lungo fermento culturale conservatore, fatto di riviste e centri di ricerca. C’è poi una tradizione di pensiero tutta italiana che vede Prezzolini, Longanesi, Pareto e tanti altri. Ci sono quindi scrittori e pensatori che costituiscono un riferimento per il mondo della destra non perché autori schematici e ideologici ma proprio in virtù del loro pensiero irregolare e post-politico, libero e vitale, ancorato alla realtà e non vittima della rigidità esaltata invece da una certa tradizione progressista. La destra non ha pregiudizi e guarda anche ad alcune affermazioni di merito come quelle di grandi autori e pensatori, come Pasolini e Gramsci, pur nella consapevolezza che quest’ultimo fu esponente di primo piano del comunismo».

Secondo lei quale dovrebbe essere il prossimo passo di Meloni? Dare vita al partito dei conservatori, togliendo la fiamma dal simbolo di Fdi?

«Giorgia Meloni sta facendo uno straordinario lavoro di posizionamento dell’Italia nel mondo. Ci sta ridando prestigio e orgoglio. Tutto ciò contribuisce a costruire un nuovo positivo immaginario italiano nel mondo. Le voglio ricordare un dato storico: il nazifascismo fu sconfitto in Europa grazie anche all’impegno di due grandi conservatori come Winston Churchill e Charles de Gaulle. Quando si domanderà a Elly Schlein cosa pensa della parabola storica del comunismo? Cosa pensa dei gulag in Urss, dello stalinismo, delle purghe, delle invasioni dell’Ungheria e della Cecoslovacchia, del sacrificio di Jan Palach, dei genocidi in Cina, degli esuli fuggiti da Cuba, dei Khmer Rossi e del genocidio cambogiano, delle foibe, delle stragi in Emilia, di Rolando Rivi e degli altri sacerdoti assassinati? Quando i giornalisti le domanderanno del documento del parlamento europeo che equipara nazismo e comunismo? Perché, mai una domanda?».

Tra destra e sinistra, vista anche l’età media del ceto dirigente di Fdi, la sensazione è che il vero scoglio da superare sia, più che il dopoguerra, la stagione degli anni 70, con i tanti ragazzi, di destra e di sinistra, uccisi per mano degli opposti terrorismi. E’ per questo, secondo lei, che Meloni non vuole o non riesce a definirsi antifascista?

«Abbiamo solennemente ricordato in Parlamento, come è giusto che fosse, la figura di Giacomo Matteotti. Io stesso ho curato un testo per la prefazione al catalogo della mostra. Collaboro efficacemente alle attività del Museo della Resistenza di via Tasso a Roma e sto lavorando con il Sindaco di Milano per il Museo della Resistenza in quella città. Noi abbiamo fatto la legge sul Museo della Shoah portandola in Parlamento e ottenendo il voto unanime, cosa che altri avevano teorizzato ma mai realizzato».

Il vento di destra che soffia in Europa, non rischia di riportare alla luce azioni e pratiche che andrebbero invece cancellate per sempre?

«Il conservatorismo è modernità. Diceva Prezzolini che il progressista è la persona del domani, ma il conservatore è la persona del dopodomani, perché modernizza una società salvaguardandone i valori. Le grandi modernizzazioni del ‘900 sono tutte venute dal campo conservatore: è stato de Gaulle a chiudere l’esperienza coloniale francese e a costruire uno stato sociale molto esteso, è stata la Thatcher a rilanciare l’economia britannica anchilosata dai sindacati e da vecchie pratiche. Reagan in tutti gli Stati Uniti è riconosciuto come un grande presidente che ha dato impulso alla società americana. Il governo Meloni è l’unico ad essere stato promosso in pieno dagli elettori».

Ha avuto modo di parlare, con la senatrice Liliana Segre?

«Sì, ho grande affetto e stima per lei. La sento periodicamente e sono onorato di poter lavorare insieme. Quando a poche settimane dall’assunzione del mio incarico, l’amica senatrice Ester Mieli mi rappresentò la giusta osservazione della senatrice a vita Liliana Segre che aveva notato come all’interno della Stazione Ferroviaria di Milano mancasse una segnaletica storica in grado di indirizzare i passeggeri — che sono milioni l’anno — verso il “Binario 21” e il memoriale della Shoah, accolsi immediatamente questa sacrosanta esigenza, condividendone in tutto il valore etico e morale. Insieme alla senatrice Segre abbiamo inaugurato un totem multimediale che racconta le vicende del “Binario 21” da cui partirono gli ebrei milanesi diretti ai campi di sterminio. Lo abbiamo realizzato in poche settimane insieme alla segnaletica storica. La stessa iniziativa è stata poi replicata, un anno dopo, alla stazione Tiburtina di Roma, altro luogo doloroso per quelle stesse vicende. Ringrazio sempre la senatrice Segre per la sua testimonianza e il suo coraggio, che ne fanno un riferimento morale per tutti noi».

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