Una volta era un punto d’arrivo. La Juventus, «mamma mia». L’Inter, «ma chi se ne andrebbe mai». Adesso il mondo è alla rovescia, ribaltato da incertezze societarie, da progetti che iniziano e si chiudono nello spazio di un anno. Da dirigenti che si trovano in posti di potere che forse non sono in grado di ricoprire. Da tifoserie sempre più influenti e che vuoi o non vuoi determinano in qualche caso le scelte: ne abbiamo viste diverse. Insomma, l’appeal in questo 2025 per Juve e Inter è finito. Adesso sembra ci sia il Napoli al centro del mondo, con Conte che ha preso in mano le redini di una squadra da ricostruire, che ha convinto dei pezzi grossi a dire di sì e con De Laurentiis che sembra aver capito che forse è davvero questo il momento di picchiare. Per aprire un ciclo. E con un De Bruyne in arrivo, tra le altre cose.
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PARADOSSO
Eppure Juventus e Inter sulla carta sono tra le 32 squadre migliori al Mondo. Le uniche sue italiane che tra una settimana inizieranno a giocare il Mondiale per Club in America. Una lo farà con un allenatore a tempo (che rischia anche di rimanere nonostante le continue voci di un sostituto), l’altra invece non ha un allenatore e addirittura si parla di un possibile traghettatore che potrebbe essere Vecchi (ex Inter, appena uscito dai playoff di Serie C col Vicenza, che tornerà in società alla guida dell’Under 23).
No, non è il massimo. Ma il tempo di “Storia di un grande amore” e di “Una gioia infinita, che dura una vita” è passato.
L’ADDIO E IL RIFIUTO
L’addio di Inzaghi è un segnale che non si deve sottovalutare. Sì, è vero, con 50 milioni di euro in due anni il tecnico piacentino metterà a posto diverse generazioni familiari. Ma, fino ad oggi, in Arabia Saudita, ci sono andati solamente tecnici meno importanti oppure quelli bravi — vedi Pioli — senza un contratto in mano. Inzaghi invece ha deciso di lasciare la baracca dopo una finale di Champions League persa, a pochi giorni dal Mondiale per Club, e con un’offerta di rinnovo in mano con annesso adeguamento. Non a quelle cifre, ovvio, ma pur sempre di milioni parliamo. E invece in un assolato martedì di giugno ha detto addio e oggi è a Parigi a firmare il contratto. E poi? E poi c’è Fabregas, che nonostante lo stia chiamando l’Inter, sembrerebbe aver deciso di rimanere al Como. Progetto a lungo termine, presidente che problemi economici non ne ha per niente e che sembra abbia garantito anche un bel po’ di colpi di mercato in entrata. Sul catalano ancora non è detta l’ultima parola con il dirigente nerazzurro Ausilio che andrà a Milano per provare a convincere Fabregas. E l’appeal dell’Inter? Andato a farsi benedire. L’incertezza maturata in questi anni, è evidente, ha fatto la differenza. Meglio la tranquillità del lago.
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C’ERA UNA VOLTA LA JUVENTUS
Igor Tudor si è sparato dieci ore di macchina per firmare il contratto fino al Mondiale statunitense. Il futuro? Incerto. Uno dei pochi che resiste ancora al fascino della Vecchia Signora, che ha un presidente che prima d’ora non si era mai occupato di calcio, che ha dato dei mandati diversi a Chiellini (finalmente, oseremmo dire) ma che in generale naviga nell’incertezza più assoluta. Anche Giuntoli, dopo due stagioni, è stato salutato senza nemmeno troppi complimenti con un comunicato stampa di 4 righe. Sembrava dovesse essere la svolta, ma forse Allegri (che lo aveva allontanato dopo la finale di Coppa Italia vinta) aveva capito che qualcosa non andava. Eppure una volta, se chiamavano i bianconeri, si ascoltava e basta. E si accettava. Solo Di Natale, e pochi altri, erano riusciti prima di questi giorni a dire di no. L’ultimo è stato Gasperini, che dopo aver trovato l’accordo con la Roma — una piazza caldissima proprio come lui — era stato contattato dalla dirigenza per capire se ci fossero i margini di un inserimento. Tempo qualche ora e la risposta è stata «no, grazie». Ha deciso di mantenere la parola nonostante la sua carriera fosse iniziata proprio in Piemonte, alla guida della Primavera. Ma senza una squadra (e per squadra intendiamo gruppo, cosa che a Torino si è vista solamente con Tudor nell’ultima parte di stagione) nessuno si prende il rischio di fallire. Nessuno si prende la responsabilità. C’erano una volta Juventus e Inter…E chissà se ci saranno ancora.
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