Uomini sotto i 50 anni. Sono stati loro, nell’ultimo mese, ad alimentare le fila degli inattivi, ossia coloro che, secondo le statistiche sull’occupazione, non hanno e non cercano un lavoro. Un numero che, negli ultimi tre anni, è oscillato mantenendosi sopra i 12 milioni. Il tasso di inattività, a giugno, è aumentato tra chi ha tra i 15 e i 49 anni. Un’incidenza pesante, soprattutto tra chi ha meno di 24 anni, che riguarda quasi un quinto della popolazione, e quasi un quarto nelle fasce tra i 25 e i 34 anni, per poi salire ulteriormente in quella tra i 35 e i 49 anni.
Sono soprattutto i maschi a essere scoraggiati, mentre tra le donne e tra chi ha almeno 50 anni la percentuale è in diminuzione. I quarantenni sono anche la parte della popolazione che, nelle statistiche, continua a far segnare cali in valore assoluto nei numeri dell’occupazione. In un anno, l’occupazione tra i quarantenni è calata di 180 mila persone, mentre è cresciuto di circa 13 mila il numero di quanti sono finiti tra gli inattivi. «Sono i primi impatti di un calo demografico iniziato qualche decennio fa», nota Francesco Seghezzi, presidente di Adapt. L’andamento della demografia in Italia si unisce anche ad altri fenomeni: «È una fascia d’età in cui si riscontra una maggiore incidenza delle difficoltà, che si traduce in più cassa integrazione, instabilità professionale e difficoltà a trovare lavoro».
Dai dati Istat passati emerge il tema delle professioni più qualificate. Negli altri Paesi, queste vedono una partecipazione più alta degli under 40. In Italia, questo divario non esiste. «Ciò genera una situazione che disincentiva i profili più qualificati».
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