25.09.2025
12 Street, Rome City, Italy
Fashion

Creazioni fantasia, adesso le gioie sono per tutti


Creatività, sperimentazione, accessibilità, gusto. Sono questi i cardini — e i segreti — dei cosiddetti gioielli fantasia, quei gioielli-non-gioielli che hanno però il potere di dare carattere e personalità, anche luce, a un outfit. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo ne ha un’imponente collezione, nata non solo per la passione per i monili ma anche per la loro capacità di raccontare visioni e momenti storici. È la sua collezione ad essere raccontata e illustrata nel libro Costume Jewelry, con testi di Carol Woolton e Maria Luisa Frisa, e fotografie di Luciano Romano, pubblicato da Taschen. Circa seicento pezzi, in un viaggio dagli Anni Trenta al nuovo millennio, raccontano il processo di “democratizzazione” del gioiello. 

LA STORIA 

«L’arte della gioielleria è certamente strettamente legata alla moda, ma negli Anni ’30 il panorama della moda subì trasformazioni spettacolari: negli Stati Uniti si aprì una nuova era con l’emergere di stili privi di connotazioni di classe, pensati per donne indipendenti che lavoravano. Questi nuovi stili erano accompagnati da un genere di gioielleria inequivocabilmente americano – una novità assoluta», si legge nel volume. «Il “paese delle possibilità illimitate” non poteva vantare la tradizione stilistica del Vecchio Mondo né lunghe dinastie di gioiellieri, ma proprio questa assenza permise alla moda americana di prendere slancio creativo, caratterizzato da un senso poetico della forma artistica e da un’intelligenza propria». 
Quei gioielli “poveri ma belli” sollecitarono la fantasia dei designer e le loro ricerche. Le forme si fecero inusitate, audaci, giocose: il costo permetteva di andare ben oltre i “classici” che si sarebbero venduti in oro. E la necessità di trovare materiali meno costosi e nuovi effetti portò a realizzare creazioni con gomma vulcanizzata, celluloide, bachelite, plexiglas, acrilico e altri ancora, in una e più anticipazioni dei trend attuali che di materiali un tempo inattesi fanno trend e ormai, in alcuni casi, addirittura norma. La moda non restò a guardare e si fece incantare da quella nuova frontiera espressiva. Nel 1939, Elsa Schiaparelli firmò una spilla a forma di orso, in metallo dorato, strass e perle finte.

E DuJay usava strass, perle e smalti per proporre una colorata serie di pin a forma di musicisti di una banda. L’anno dopo, Coro realizzò una spilla a forma di orchidea, in smalto traslucido su base rodiata. Nel 1944, Marcel Boucher creò una spilla con un gatto su uno spicchio di luna crescente: anche qui, metallo dorato, con il dettaglio dello smalto nero per il felino. Gustavo Trifari, erede di quel Luigi che già nella seconda metà dell’Ottocento a Napoli aveva una rinomata “bisciutteria”, nel 1912 emigrò in America e, con i disegni di Alfred Philippe, diventò una delle firme più amate del momento. Perfino, la moglie del presidente Eisenhower indossava i gioielli Trifari ai balli della Casa Bianca. Le dive di Broadway portavano le sue creazioni sul palco e anche fuori. Bastava una foto patinata per trasformare una creazione in un vero oggetto del desiderio. E Hollywood avrebbe moltiplicato l’effetto, nella stagione delle dive, da Carmen Miranda a Grace Kelly e altre. Senza dimenticare ovviamente Marilyn Monroe, cui bastarono poche mosse nel 1953 in una performance divenuta cult — come abito e accessori — per trasformare gli strass in “diamanti” e farne i migliori amici delle donne. Il brano Diamonds Are a Girl’s Best Friend nel film Gli uomini preferiscono le bionde, dall’omonimo musical del 1949, è diventato una classico e, perfino, un modo di dire. 

Merito di Georg Friedrich Strass, che nel XVIII secolo aveva rivoluzionato la gioielleria, con una tecnica che permetteva di ricreare in vetro l’effetto e il luccichio dei diamanti. E poi di Daniel Swarovski, che nel 1892, ideò una macchina per tagliare il vetro con precisione, dando vita a strass ancora più brillanti. «Christian Dior — ricordano gli autori del volume — collaborò con Swarovski per creare l’Aurora Borealis, una pietra dai riflessi arcobaleno ispirata alle luci del Nord». Negli Anni ’50, fu Trifari a essere eletto “Re degli Strass”, per i molti riflessi che sapeva dare alle sue creazioni. E così via fino ad arrivare ai giorni nostri, dove è anche la gioielleria a cercare abbinamenti con nuovi materiali e a sperimentare forme inattese. «La differenza tra le memorie false e quelle vere è la stessa che per i gioielli — diceva Salvador Dalí — sono sempre quelli falsi che sembrano i più veri, i più brillanti». 


© RIPRODUZIONE RISERVATA


Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]