21.05.2025
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Sports

così Jannik ha affrontato anche i colpi del destino


Il tennis italiano vale sempre il doppio a New York. Letteralmente, per la vittoria della coppia Errani-Vavassori nel torneo misto, idealmente, per quella di Jannik Sinner. Che conta per due non soltanto perché è la seconda in un singolare di uno slam nello stesso anno, il che non era riuscito mai a un azzurro (le due di Pietrangeli furono la conquista di due Roland Garros consecutivi), ma perché Jannik aveva di fronte sì il miliardario californiano Taylor Fritz ma aveva dentro il magone dei suoi ultimi mesi.

Un miliardesimo di grammo di sostanza proibita che deve aver pesato su di lui e sui suoi pensieri, di dritto e di rovescio, in campo e fuori, l’occhio di falco e la lente del microscopio, il sorriso e il broncio, in un miscuglio ancora non del tutto decrittato tra vittima e colpevole, giacché la parola fine non è stata ancora scritta (e il dubbio sarà una lunga persecuzione da hater). Il ricorso è in corso?

Sinner, con Alcaraz (si intravedono altre adesioni), è l’uomo della “transizione verde” nel tennis mondiale, il colore fa riferimento all’età: è la prima volta che nessuno dei Fab Four vince uno slam. Jannik e Carlitos ne hanno vinto a uno ciascuno. Ma l’italiano ha dovuto affrontare, oltre ai colpi degli avversari, anche quelli del destino, nascosti in un piccolo spray, capace di scatenare una tempesta che una bomba d’acqua è una pioggerellina di marzo. Fritz, Draper, Medvedev nell’occasione, e in altre Alcaraz e perfino Djokovic, ancora lui, possono essere nomi meno ansiogeni di quello di un farmaco da banco finito nelle mani sbagliate.

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