30.10.2025
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Economy

cosa cambia davvero dal 2026


La manovra licenziata dal governo, in vista della legge di Bilancio 2026 segna un nuovo capitolo per il sistema pensioni in Italia.

Dopo mesi di dibattito, Palazzo Chigi ha definito un pacchetto di misure che ridisegna l’accesso alla pensione, introduce un lieve aumento dei requisiti anagrafici e abbandona alcune formule sperimentali come Quota 103 e Opzione Donna. Ecco in dettaglio tutte le modifiche previste, tra conferme, proroghe e nuovi parametri.

Età pensionabile

Dal 1° gennaio 2027 entrerà in vigore il primo adeguamento legato all’aumento della speranza di vita. La crescita, tuttavia, sarà più graduale rispetto alle previsioni iniziali: l’età pensionabile aumenterà di un solo mese nel 2027 e di altri due mesi nel 2028.

Il governo ha scelto di diluire l’incremento per contenere l’impatto sui lavoratori, rimandando al 2029 il ritorno all’adeguamento biennale previsto dalla normativa.

Nuovi requisiti per la pensione

Per la pensione di vecchiaia, si passerà:

  • da 67 anni a 67 anni e un mese dal 2027;
  • a 67 anni e tre mesi dal 2028, con un minimo di 20 anni di contributi.

La pensione anticipata, invece, subirà un analogo ritocco:

  • 42 anni e 11 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 11 mesi per le donne dal 2027;
  • 43 anni e un mese (42 e un mese per le donne) dal 2028.

Le eccezioni

Le nuove soglie non varranno per chi svolge professioni considerate usuranti o particolarmente gravose. Rientrano in questa categoria circa il 2% delle pensioni liquidate ogni anno dall’INPS.

Tra le attività tutelate figurano i lavoratori in galleria, cava e miniera, chi opera a temperature estreme (dalle celle frigorifere agli altoforni), gli addetti ai turni notturni, il personale del pronto soccorso, gli edili e le maestre d’asilo.

Addio a Quota 103 e Opzione Donna

La manovra 2026 non proroga Quota 103 né Opzione Donna, entrambe in scadenza il 31 dicembre 2025.
Le due misure avevano permesso un’uscita anticipata dal lavoro rispettivamente a:

  • 62 anni con 41 anni di contributi (Quota 103);
  • 61 anni con 35 anni di contributi (Opzione Donna).

Negli ultimi due anni la platea dei beneficiari era già stata fortemente ridotta, e ora le due opzioni vengono definitivamente archiviate.

Confermata l’Ape Sociale

Resta invece in vigore anche per il 2026 l’Ape Sociale, il cosiddetto assegno ponte per lavoratori in difficoltà — disoccupati, invalidi, caregiver o addetti ad attività gravose.

Si potrà accedere a 63 anni e 5 mesi con un’anzianità contributiva di 30, 32 o 36 anni, in base alla categoria di appartenenza. L’importo massimo dell’assegno rimane di 1.500 euro al mese.

Rinnovato il “bonus Giorgetti”

Anche il bonus per chi rinvia la pensione, introdotto nel 2023, viene prorogato fino al 2026. I lavoratori che maturano il diritto alla pensione anticipata ma scelgono di restare in servizio potranno ottenere in busta paga il rimborso del contributo previdenziale personale, pari al 9,19% della retribuzione lorda, completamente esentasse. Una misura pensata per incentivare la permanenza al lavoro e sostenere la produttività.

Aumenti pensioni minime

L’unico ritocco agli importi riguarda gli over 70 con redditi molto bassi, titolari di maggiorazioni sociali.
Dal 2026 riceveranno un incremento di 20 euro mensili lordi (circa 12 netti), che si aggiunge all’aumento temporaneo di 8 euro previsto per il 2025. Sui nuovi importi non verrà applicata l’Irpef per i pensionati con redditi fino a 8.500 euro annui, mentre oltre questa soglia scatterà l’aliquota del 23%.

Sono inoltre innalzati i limiti di reddito per ottenere le maggiorazioni: nel 2026 salgono di 260 euro, raggiungendo 9.981 euro per i single e 16.984 euro per le coppie.

Effetto speranza della vita

L’ipotesi di un “congelamento” dei requisiti nel 2027 è stata accantonata per ragioni di sostenibilità economica: il costo stimato sarebbe stato di circa 3 miliardi di euro l’anno.

La progressione attuale, più contenuta, rispetta il principio del graduale adeguamento alla longevità, con limiti precisi: l’età pensionabile non può aumentare di oltre tre mesi ogni due anni. Le proiezioni indicano che, nel lungo periodo, il requisito di vecchiaia potrà arrivare a 68 anni e 3 mesi nel 2046, o fino a 69 anni e 6 mesi in caso di maggiore crescita della speranza di vita.

Le regole per chi ha contributi dopo il 1996

Per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996, valgono criteri più articolati. In questi casi, l’accesso alla pensione dipende non solo dall’età e dagli anni di versamenti, ma anche dall’importo dell’assegno maturato.

La pensione di vecchiaia a 67 anni è concessa solo se l’importo è almeno pari all’assegno sociale (oggi 538 euro). Chi non raggiunge questa soglia dovrà attendere i 71 anni per la cosiddetta pensione di vecchiaia contributiva. Chi invece accumula una pensione più alta potrà uscire a 64 anni, con la pensione anticipata contributiva.

Dal 2030, per ottenere quest’ultima, sarà necessario un assegno pari a 3,2 volte l’assegno sociale (circa 1.724 euro lordi mensili). Per le lavoratrici, le soglie saranno leggermente inferiori in base al numero di figli.

Un’importante novità introdotta nel 2025 è la possibilità di utilizzare anche i fondi pensione integrativi per raggiungere queste soglie, rendendo più accessibile l’anticipo dell’uscita dal lavoro.


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