16.05.2025
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Economy

Cop 29, entro il 2035 250 miliardi all’anno per i paesi più deboli


Un mini-accordo oggi sembra possibile, seppure non ancora scontato, sul nuovo fondo di aiuti climatici ai paesi in via di sviluppo rispetto alla dote precedente (che ammontava a 100 miliardi di dollari l’anno partendo nel 2025 ), con i Paesi industrializzati nel ruolo di leader nella mobilitazione. Si è lavorato senza sosta nella notte ieri per cercare di raggiungere un compromesso sul testo di finanza climatica della Cop29 tra le richieste del G77+ Cina (il blocco degli Stati meno abbienti) e la proposta Ue. Un’impresa non da poco mentre sullo sfondo Donald Trump ha annunciato lo strappo sugli Accordi di Parigi e la Cina, ancora tra i paesi in via di sviluppo e in prima linea tra quelli che inquinano.

L’ultima bozza circolata ieri a Baku era giudicata non abbastanza «ambiziosa», con la sua proposta di 250 miliardi di finanziamenti all’anno entro il 2035 da destinare ai paesi in via di sviluppo chiamati a mettere in campo politiche di mitigazione (riduzione delle emissioni) e adattamento agli effetti del cambiamento climatico. Del resto, il macro goal da raccogliere da tutte le fonti pubbliche e private messo sul tavolo dal G77 per abbandonare i combustibili fossili e adattarsi ai cambiamenti climatici. era ben più alto: 1.300 miliardi all’anno, dal 2025, e soprattutto a fondo perduto. Di qui la liquidazione del testo come «inaccettabile» da parte in particolare dei paesi africani e insulari, rispetto all’ambizione dell’Accordo di Parigi, che hanno spinto per un supplemento di trattativa ad oltranza. Prima dunque è spuntata l’ipotesi di un’assemblea plenaria della Cop29 in tarda serata, entro i tempi di chiusura della Cop29.

Poi lo slittamento deciso per oggi. Ma non è escluso che si arrivi a prolungamento dei negoziati nel weekend per estendere l’obiettivo finale ad almeno 500 miliardi all’anno. Il punto di caduta potrebbe però aggirarsi sui 300 miliardi, secondo la maggior parte degli osservatori. Nella stessa bozza ancora in lavorazione, è previsto che i paesi in via di sviluppo possano fare contributi aggiuntivi ai 250 miliardi, senza per questo essere considerati paesi donatori, e quindi obbligati a versare. Una clausola che accontenta la Cina: considerata ancora paese in via di sviluppo dall’Accordo di Parigi, vuole erogare i suoi aiuti senza i vincoli dei paesi ricchi. Invece non è previsto un aumento dei tagli delle emissioni già fissati alla Cop28 di Dubai l’anno scorso. Un punto che soddisfa l’Arabia Saudita ma scontenta la Ue, che voleva invece un impegno maggiore sulla mitigazione.

I NODI
A confermare gli sforzi verso l’accordo migliore possibile è stato ieri il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. L’Italia, insieme ai principali paesi Ue, «continua a spingere perché da Baku venga una riforma per una finanza climatica migliore, più efficiente, che coinvolga anche nuovi Paesi, settore privato, enti filantropici e banche multilaterali di sviluppo», ha commentato ieri nel corso di una pausa dei lavori. E ancora: «Questo è il nostro approccio e tiene conto delle priorità sia di chi chiede più risorse finanziarie sia di chi chiede più mitigazione.

D’altra parte, si tratta di un approccio, quello di perseguire la decarbonizzazione e la crescita dei più vulnerabili, alla base della strategia e dei progetti del Piano Mattei per l’Africa, attraverso collaborazioni pubblico-privato e partenariati paritari e non predatori». Oggi si vedrà fin dove è possibile il compromesso.

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