Il taglio del cuneo contributivo per i redditi fino a 35 mila euro, sarà finanziato per cinque anni. Per tutta la durata cioè, del Piano strutturale di Bilancio che il governo presenterà alla Commissione europea. Di fatto sarà reso strutturale. Lo stesso vale per la riduzione da quattro a tre delle aliquote Irpef. E torna la rivalutazione “piena” delle pensioni all’inflazione. Ai conti pubblici, poi, potrebbero essere chiamati a dare un contributo tutti quei settori che hanno «maggiormente beneficiato di condizioni particolarmente favorevoli». Dunque non solo le banche. Negli incontri di ieri con i sindacati, con Confindustria e con le altre parti sociali, Giancarlo Giorgetti ha alzato il velo su molte delle misure che faranno da impalcatura alla prossima manovra di Bilancio. Quello che sarà riesaminato domani in consiglio dei ministri (o inviato direttamente alle Camere, non è stato deciso ancora), sarà un programma quinquennale scritto sulla pietra. Non potrà essere modificato a meno che non cambi il governo. Dunque le indicazioni fornite sono cruciali. Alcune sono state ben accolte dai sindacati. Come la decisione di tornare alla perequazione piena delle pensioni. Gli assegni torneranno ad essere rivalutati all’inflazione al 100 per cento fino a 4 volte il minimo, al 90 per cento tra quattro e cinque volte e al 75 per cento da sei volte il minimo in su. Vengono dunque archiviati i tagli sulle pensioni medio-alte degli ultimi due anni.Saranno poi confermati gli scivoli già previsti lo scorso anno: Quota 103, con la penalizzazione del ricalcolo contributivo e le finestre mobili fino a 9 mesi, Opzione donna solo per le lavoratrici delle categorie “fragili” e l’Ape sociale. Come detto, per tutti i cinque anni di durata del piano, chi guadagna fino a 25 mila euro avrà diritto alla decontribuzione del 7 per cento, che scende al 6 per cento per i redditi fino a 35 mila euro. La misura vale in media un aumento in busta paga di 100 euro netti mensili. Altro punto, la Sanità.
Giorgetti ha spiegato che i fondi aumenteranno e, a partire dal prossimo anno saranno legati all’andamento del Pil. Più sale il Pil, maggiori saranno gli stanziamenti.Risorse saranno poi messe sulla famiglia e sulla natalità. Ma quanti fondi e su quali misure non è stato chiarito.Giorgetti ha invece specificato che sarà necessario investire sulla riforma della pubblica amministrazione e anche per questo saranno garantiti aumenti del 2 per cento l’anno per i prossimi anni. Tutto andrà fatto tenendo i conti pubblici sul percorso di rientro nei prossimi sette anni per i quali il governo dovrà garantire una correzione di circa 12-13 miliardi l’anno. Giorgetti ha anche alzato il velo sulle stime di crescita che saranno inserite nel Piano di Bilancio. Il Pil il prossimo anno salirà, secondo le stime del governo, dell’1,2 per cento, per poi scendere all’1,1 per cento nel 2026, , allo 0,8 per cento nel 2027, allo 0,7 per cento nel 2028 e allo 0,6 per cento nel 2029.
LE REAZIONI
Positivo il commento del segretario della Cisl Giancarlo Sbarra, che ha apprezzato la disponibilità del governo «a ragionare per dare strutturalità al taglio del cuneo contributivo e all’accorpamento delle due aliquote Irpef» e ha rassicurato «sulla piena indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione». Per Maurizio Landini della Cgil, invece, si rischiano «sette anni di austerità». Paolo Bombardieri della Uil, ha espresso soddisfazione per il taglio del cuneo strutturale, ma delusione per le mancate risposte su lavoro e salari. Il vice segretario dell’Ugl Luigi Ulgiati, ha plaudito al taglio del cuneo strutturale, chiedendo però interventi anche per i redditi fino a 60 mila euro. Cristian Camisa, presidente di Confapi, ha sottolineato la necessità di «investimenti tesi ad aumentare la produttività delle imprese e a migliorare il potere d’acquisto dei lavoratori in maniera strutturale. Come per esempio», ha detto, «la detassazione del lavoro straordinario».
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