23.05.2025
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Politics

Conti spiati, uno “scudo” per i politici: ecco le mosse anti-dossieraggi


«Dobbiamo evitare che si ripeta di nuovo». Basta ad accessi abusivi e indiscriminati. Basta banche dati colabrodo e pure basta informazioni sensibili condivise con troppa leggerezza. Il centrodestra mette nel mirino l’incubo dossieraggi e, come anticipato dal Messaggero ieri, ora ragiona su un provvedimento che tuteli maggiormente la privacy dei soggetti politici (e non) più esposti e con più responsabilità.

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Il filtro

L’idea principale, legata al caso del dipendente di Banca Intesa Sanpaolo di Bitonto che in poco più di due anni ha controllato indisturbato i movimenti bancari di 3.572 clienti ora al centro di un’inchiesta della Procura di Bari (ma già licenziato dall’8 agosto), è quella di rivedere le norme che riguardano gli istituti di credito per porre un filtro maggiore.

Non solo presidente del Consiglio e ministri, ma anche authority e magistrati. E comunque mai come misura ad personam. Lo “scudo”, su cui si starebbe ragionando a palazzo Chigi, è infatti legato alla carica istituzionale ricoperta e implementerebbe in qualche modo le norme già esistenti per le persone politicamente esposte, mantenendo l’ovvio controllo necessario da parte delle autorità sugli archivi telematici, come tracciabilità antiriciclaggio e antimafia.

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In ogni caso sarebbe a tempo e, nello specifico, potrebbe interessare tutte le banche dati private che contengono informazioni “ultra” sensibili o potenzialmente utilizzabili per attività di dossieraggio assimilabili ai diversi casi che hanno riguardato la premier e altri esponenti politici del centrodestra negli ultimi mesi. Non quelle riservate del caso Striano e delle Segnalazioni operative sospette (Sos) per intendersi, ma quelle che normalmente sono nelle mani di istituti bancari, gruppi assicurativi o altre grandi istituzioni economiche.

Prima che il tutto possa cominciare ad essere messo nero su bianco serve però un’indicazione chiara da parte di Giorgia Meloni ai due sottosegretari di palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, il primo in quanto primo esecutore (e talvolta “mente”) di molte iniziative attribuite alla premier; il secondo per competenza, incarnando l’autorità delegata alla cybersicurezza.

Indicazione che comunque con buona probabilità non arriverà prima della conclusione dei lavori per la Manovra dato l’input della premier a non cavalcare il profilo della responsabilità sui controlli delle banche per non inficiare le trattative in corso per un contributo volontario all’economia italiana da parte degli istituti di credito.

Posto che la normativa italiana è già piuttosto avanzata e ha ormai recepito a pieno tutte le indicazioni dell’Unione europea, ciò che si chiede anche da via della Scrofa è una maggiore riservatezza nella gestione del dato nelle mani di funzionari e personale “semplice”. E infatti, spiegano fonti parlamentari, «la cosa più facile da fare sarebbe probabilmente imporre un numero contingentato di accessi giornalieri ai database “critici” o che il responsabile del trattamento dei dati personali — che già esiste all’interno di ogni filiale di banca su territorio nazionale — sia il destinatario di un alert qualora si ripetano accessi sospetti».

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I pro e i contro

Ipotesi di lavoro per cui al momento si analizzano pro e contro. Se i primi sono evidenti per chi si sente alle prese con svariati complotti ormai da tempo, i secondi sono legati non solo a qualche riserva costituzionale rispetto ad un intervento così mirato ma pure ad un’eventuale eccessiva complicazione della normale vita quotidiana dei soggetti interessati. Ovvero per procedere bisogna trovare il modo di conciliare la maggiore privacy resa necessaria dal ruolo ricoperto con il diritto alla fruibilità dei dati.

Del resto, a confermare che un’attenzione normativa è in questa fase necessaria pare essere pure Bruno Frattasi, direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn). A margine del suo intervento di ieri alla Farnesina al convegno “Spazio virtuale. Le garanzie di giurisdizione nella resilienza e nella difesa della sicurezza nazionale”, evento collaterale del G7 a presidenza italiana e organizzato da palazzo Chigi e dalla Fondazione Vittorio Occorsio, l’ex prefetto di Roma ha infatti spiegato come «L’episodio di Banca Intesa non riguarda la superficie digitale ma conferma che la sicurezza informatica non si difende solo con la robustezza degli apparati ma anche attraverso le regole».

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