C’è chi lo ricorda per i quasi quarant’anni trascorsi a servizio delle istituzioni. Deputato, quattro volte ministro, presidente, ultimo segretario della Dc prima di Tangentopoli. E ancora europarlamentare, capo del governo e in lizza per diventare presidente della Repubblica nel ‘92, obiettivo che mancò per 29 voti affossato dai franchi tiratori. Chi per le dimissioni arrivate dopo soli otto mesi dall’approdo a Palazzo Chigi per l’esplosione dello scandalo della P2, dopo che già il suo esecutivo aveva dovuto fronteggiare una serie di scossoni non da poco: il terremoto in Irpinia, l’attentato a Giovanni Paolo II, il perdurare del terrorismo politico. Chi, infine, per quell’epiteto di «coniglio mannaro» che gli affibbiò Gianfranco Piazzesi e che gli restò incollato, poi trasformato dalla Dc in «tigre che dorme». Ma nel giorno del centenario della nascita di Arnaldo Forlani, l’8 dicembre 1925 a Pesaro, Sergio Mattarella – che fu suo compagno di partito – sceglie di sottolineare un altro aspetto forse troppo spesso trascurato del “leader discreto” della Balena bianca, scomparso due anni fa all’età di 97 anni. Il contributo che, dalla guida della Farnesina tra il ‘76 e il ‘79, poi da Palazzo Chigi (tra l’80 e l’81) ma anche dal partito, Forlani dette «all’indirizzo del Paese, allo sviluppo economico e», soprattutto, «al consolidamento del ruolo italiano in Europa, nell’Alleanza atlantica, nel consesso internazionale», nel contesto di un mondo diviso in due blocchi e un’Europa attraversata dalla cortina di ferro.
Ma quello di aver contribuito ad ancorare il Paese ai suoi alleati europei e occidentali non è l’unico merito che il presidente della Repubblica riconosce all’esponente Dc. Una «personalità di spicco della vita democratica della Repubblica» che «lascia un segno di grande rilievo nella storia repubblicana in passaggi cruciali». Convinto sostenitore «del metodo del dialogo politico» e attento alla «sensibilità sociale».
RICAMBIO
Fino al ciclone di Mani pulite, che spazzò via la Prima repubblica e il sistema dei partiti che aveva retto l’Italia per più di quattro decenni. Sistema di cui Forlani fu protagonista anche dopo la fine del suo governo con l’esperienza del “Caf”, l’asse Craxi-Andreotti-Forlani che accompagnò il Paese verso la nuova stagione. «La crisi che investì il sistema politico, minando la sua credibilità, chiuse con indagini e processi una stagione, provocando un ricambio radicale nella rappresentanza», afferma Mattarella nel messaggio con cui esprime «vicinanza» ai familiari e «a quanti con lui hanno condiviso impegno politico e personale amicizia».
Un passaggio, quello di Mani pulite, su cui torna un altro ex Dc come Gianfranco Rotondi: «Forlani se ne è andato poco più di due anni fa, ma è già nella storia come il più grande dei leader democristiani: quello che ha pagato per tutti colpe che non erano sue». Al ricordo si è unito anche Lorenzo Fontana: Forlani, afferma il presidente della Camera, «contribuì a orientare gli indirizzi e le scelte in fasi di intenso sviluppo e di trasformazioni sociali, con visione anche in ambito internazionale. Il suo impegno ha attraversato passaggi determinanti della storia repubblicana».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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