Sul fronte fiscale arrivano due novità importanti. La prima riguarda il “patto” biennale per fissare le tasse che dovranno versare le Partite Iva. Il secondo il vecchio “redditometro”, che nella sua versione di strumento di accertamento di massa sarà definitivamente accantonato. Partiamo dalle Partite Iva. Per spingere il concordato biennale preventivo arriva lo sconto. I redditi che “emergeranno” non saranno più sottoposti ad una tassazione piena, ma potranno beneficiare di una tassa piatta che avrà un’aliquota diversa a seconda dell’affidabilità del contribuente. Il meccanismo del concordato è noto: l’Agenzia delle Entrate calcolerà, in base ai suoi dati, qual è il reddito congruo che le Partite Iva dovrebbero dichiarare per avere un voto massimo (10) nelle pagelle fiscali. Se i professionisti e le imprese accetteranno (entro il 31 ottobre) la proposta, per due anni non saranno accertati.
Se guadagneranno di più, l’extra sarà esentasse. Il timore però, era che il concordato potesse fallire. Chi ha, per esempio, un voto molto basso nella pagella fiscale, come un 3, secondo le prime stime potrebbe essere chiamato a dichiarare fino a otto volte in più di quanto fatto fino ad oggi. Una stangata. Tuttavia non affiancata da un rafforzamento dei controlli. L’incentivo ad aderire insomma, era piuttosto basso. Così, su suggerimento del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Commercialisti, la Commissione finanze del Senato, nel parere sul decreto correttivo del concordato, ha chiesto al governo di rivedere il sistema di tassazione dei redditi che emergeranno introducendo una “flat tax”. Come proposto dal Tesoriere nazionale dei commercialisti, Salvatore Regalbuto, la Camera ha chiesto di introdurre una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e relative addizionali, con aliquota del 10% per i contribuenti “affidabili” fiscalmente, cioè quelli con punteggio alle pagelle fiscali da 8 a 10, del 12% per i soggetti con un voto tra il 6 e l’8 e del 15% per i soggetti meno “affidabili”, con voto inferiore a 6. Il parere approvato dalla Commissione, inoltre, chiede anche di rinviare il pagamento dell’acconto per quanti aderiranno al concordato e di permettere una rateizzazione degli importi. Una terza condizione, infine, prevede l’estensione da 30 a 60 giorni a partire dal 1 gennaio 2025 del termine per il versamento in caso di avvisi bonari.
IL PASSAGGIO
L’altra novità riguarda il vecchio Redditometro, l’accertamento sintetico in base alle spese e al tenore di vita del contribuente. La Commissione finanze del Senato ha chiesto che questo strumento non sia più di “massa”, usato cioè per controlli a tappeto sui contribuenti, ma riguardi solamente alle situazioni che presentano alti livelli di scostamento nella congruità tra le spese sostenute e i redditi dichiarati. Il governo quasi certamente accoglierà le richieste della Commissione. Quelle sul concordato sono importanti anche in vista della prossima manovra di Bilancio. Le risorse che arriveranno grazie all’emersione di base imponibile delle Partite Iva (e dunque maggiore tassazione), saranno utilizzate per andare avanti sulla strada della riduzione dell’Irpef per i redditi da lavoro dipendente. Questa volta, come ha più volte confermato il vice ministro all’Economia Maurizio Leo, il sollievo dovrebbe riguardare i redditi medi, quelli tra i 35 e i 50 mila euro.
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