L’Italia si prepara al valzer del rinnovo delle concessioni autostradali in scadenza nei prossimi. Su 27 rapporti concessori, il cui concedente è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), 17 sono in scadenza entro 15 anni (tra cui A22 Autobrennero, A4 Torino-Milano, A4 Brescia-Padova, A33 Asti-Cuneo). Una svolta non privata di rischi. È il Briefing Paper di Serena Sileoni, senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni, e di Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’IBL (“La concorrenza nel settore autostradale. Sviluppo del settore e certezza delle regole”) per analizzare il contesto economico e normativo in cui avverranno i nuovi affidamenti. Un’occasione per sottolineare quanto le modalità di riassegnazione delle concessioni influenzeranno il grado di apertura del mercato e la capacità del sistema di assicurare efficienza, trasparenza e sostenibilità.
I RISCHI
Lo studio ricostruisce l’evoluzione del modello concessorio, dalle origini pubbliche alla progressiva apertura avviata negli anni Novanta, con la separazione dei ruoli di concedente, regolatore e gestore e con l’introduzione del principio di gara come modalità ordinaria di affidamento. Tuttavia, la piena applicazione di questo principio è rimasta parziale: proroghe, rinnovi di fatto e affidamenti diretti hanno limitato la contendibilità delle concessioni, generando un quadro in cui le regole concorrenziali risultano spesso eluse. La Corte di giustizia e la Commissione europea hanno più volte – l’Ue anche recentissimamente — richiamato l’Italia al rispetto delle direttive in materia di appalti e concessioni, sottolineando la necessità di garantire procedure aperte e trasparenti.
In questo quadro, la possibilità introdotta dalla normativa più recente di affidare tratte autostradali tramite l’istituto dell’in-house provision costituisce un elemento di rilievo per gli esperti. Pur essendo previsto dall’ordinamento, tale modalità rappresenta un’eccezione, evidenzia lo studio, rispetto alla regola europea dell’affidamento tramite gara e segna un cambio di paradigma nei modelli di gestione nazionali. E questo perché consentirebbe allo Stato di assumere direttamente la gestione di tratte autostradali a pedaggio, sottraendole alla competizione di mercato. Al contrario, è sottolineato, le riforme concorrenziali nel settore, erano basate sull’idea che l’efficienza e la trasparenza derivano proprio dalla contendibilità periodica delle concessioni. Come viene infatti evidenziato nello stesso studio, «la concorrenza per il mercato, rendendo contendibile periodicamente la titolarità del monopolio naturale, obbliga i concorrenti (incluso il concessionario uscente) a rivelare i propri costi – attraverso la formulazione delle proprie offerte – ea riprodurre quelle stesse pressioni concorrenziali che si realizzano fisiologicamente in un mercato non monopolistico». Qualcosa che incide anche sull’equilibrio economico e sulla ripartizione dei rischi tra pubblico e gestore. Non solista. La creazione di una società controllata dallo Stato (o da una Regione) e l’affidamento a essa di compiti operativi, secondo gli esperti, altera implicitamente la distribuzione dei rischi: se, nella ripartizione logica citata precedentemente, il modello concessorio presuppone che alcuni di essi siano lasciati in capo al privato, la concessione a un operatore pubblico di fatto riporta anche tali rischi sull’ente concedente». Sileoni e Stagnaro richiamano le evidenze, italiane e internazionali, secondo cui l’affidamento tramite gare e la partecipazione di operatori privati favoriscono una più elevata efficienza gestionale, migliori performance infrastrutturali e un uso più razionale delle risorse.
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