Alle spalle, il recente via libera alla riforma degli ordini professionali. Di fronte, i mesi che porteranno alla definizione delle misure in manovra, dando seguito alla promessa espressa dalla premier, dal Meeting di Rimini, di intervenire a sostegno del ceto medio. Marina Calderone approda a Cernobbio con un giorno di anticipo. Di fronte alla platea del Forum Ambrosetti, questa mattina, la ministra del Lavoro approfondirà il tema dei Neet, della povertà educativa e delle competenze per il lavoro, affiancata dai ministri della Scuola e dell’Università, Giuseppe Valditara e Anna Maria Bernini.
Nell’ampio salone d’ingresso del Palazzo di Villa D’Este la ministra parla anche di questo con Il Messaggero. «La grande sfida è intercettare i tanti giovani che oggi non studiano e non lavorano anche perché — spiega — in questo momento abbiamo un mondo del lavoro all’interno del quale c’è una grande disponibilità: di qui a fine anno arriveremo a un 1 milione e 500mila posti». Un impegno che, molto probabilmente, proseguirà anche «in manovra», visto che «ci saranno degli interventi per confermare la nostra attenzione e i nostri investimenti sulle assunzioni di giovani e di donne».
LA MANOVRA
La legge di bilancio, però, dovrà contenere anche altro, ad esempio il sostegno al ceto medio, indicato come una priorità dalla premier: «Questa è la direttrice principale ed è una linea d’azione che corrisponde a una precisa volontà della presidente Meloni».
Ma come si tradurrà nel concreto? La ricetta di Calderone passa per il «taglio del cuneo, al sostegno alla contrattazione di secondo livello e al potenziamento del welfare aziendale. Stiamo anche lavorando — prosegue — per favorire i rinnovi contrattuali e per ampliare soglie e plafond previsti per la tassazione agevolata dei contratti di secondo livello, che vanno migliorati in termini di ampliamento degli strumenti di welfare e allargamento delle soglie di tassazione già agevolata, ricomprendendovi più voci». Con una precisazione a margine: «Sono tutti interventi che richiedono ancora confronto e valutazioni di sostenibilità, quindi nulla è definito, ma questa è la direzione».
Se per i contenuti della legge di Bilancio si dovrà aspettare ancora un po’, il governo può mettere una X vicino alla voce relativa alla riforma delle professioni approvata in Cdm giovedì, intervento «necessario e giusto» per Calderone, visto che l’ultimo vero innesto riformatore risale al 2012. In ballo resta ancora la riforma riferita ai commercialisti, solo esaminata nell’ultimo Cdm: «Tutti gli Ordini sono importanti, perché centrali per lo sviluppo economico nazionale». Al momento, quindi, come per altri provvedimenti, assicura la ministra, c’è «una fase di approfondimento tecnico di alcuni aspetti». Ma fin d’ora ribadisce un punto fermo: «Il nostro obiettivo è quello di sostenere un intero comparto. Perché quando si parla di ordini professionali, si parla di 2 milioni e 300 mila professionisti al servizio del paese».
NODO RDC
Ma in un clima elettorale effervescente, in cui molti candidati del centrosinistra, dalla Calabria alla Toscana, rispolverano il reddito di cittadinanza in formato regionale, viene automatico chiedere alla ministra – che, al posto del Rdc ha introdotto l’assegno di inclusione («includendo anche donne vittime di violenza e persone sfruttate», sottolinea), se questa proposta sia sostenibile economicamente: «Le Regioni possono certamente intervenire con strumenti propri di sostegno e inclusione, utilizzando fondi regionali o europei, e com’è ovvio in coordinamento con le politiche nazionali», ragiona Calderone, che pure qualche pericolo lo intravede: «Un reddito “regionale” generalista rischierebbe piuttosto di creare sovrapposizioni, platee diverse e disomogeneità di trattamento».
«Il rimedio alla povertà — ribadisce senza esitazione la titolare del dicastero di via Vittorio Veneto — è il lavoro. Ogni misura deve essere collegata a percorsi di attivazione e formazione. Se parliamo di interventi mirati, integrati al sistema nazionale, va benissimo. Ma se l’idea è riproporre a livello locale un reddito assistenzialista, questo non sarebbe né sostenibile né utile al Paese».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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