Sono stoffe che parlano, quelle esposte a “Cinecittà si Mostra”. Tessuti che non si limitano a vestire i corpi, ma costruiscono identità, visioni, personaggi. Abiti che, cuciti su misura per icone del cinema italiano e internazionale quali Angelina Jolie, Luisa Ranieri o Valeria Bruni Tedeschi, a Roma diventano protagonisti di un itinerario visivo come se ogni cucitura contenesse un messaggio, un respiro, una dichiarazione d’intenti tutta al femminile.
Angelina Jolie e la divina Maria Callas
Apre la selezione il mito nella sua forma più rarefatta: Maria Callas, rivissuta attraverso Angelina Jolie. Ma l’attrice, diva contemporanea, non avrebbe potuto “essere” la Callas senza gli abiti che l’hanno costruita scena dopo scena. Più di 60 i costumi realizzati magistralmente da Massimo Cantini Parrini per «Maria» di Pablo Larrain — una sinfonia di bozzetti, strass, perle e velluti, con il supporto della Sartoria Tirelli Trappetti — per restituire la figura di una donna che non ha solo cantato, ma ha incarnato il pathos. Tra i pezzi esposti, un abito da sera nero e avorio ispirato agli originali del soprano e due costumi teatrali che fanno tremare i cuori dei melomani: la “Tosca” di Franco Zeffirelli del 1964 e l’ «Anna Bolena» di Luchino Visconti del 1957.
“L’arte della gioia”, i corpi femminili e la forza del cambiamento
Modesta Spataro, nata dalla penna della scrittrice Goliarda Sapienza, è oggi un volto, una voce, un corpo: quello dell’intensa Tecla Insolia, premiata come migliore attrice protagonista ai David di Donatello a soli 21 anni per “L’arte della gioia” di Valeria Golino.
I suoi abiti — dalla veste da novizia al completo rosso da viaggio — narrano una trasformazione profonda, quasi mistica. La costumista Maria Rita Barbera ha attinto a pizzi d’epoca e tessuti antichi per dare forma a una femminilità che non si piega, ma evolve. Accanto a lei, le delicate tinte di Alma Noce (Cavallina), eterea e luminosa come un’apparizione, e l’austerità imponente di Valeria Bruni Tedeschi, la cui principessa Gaia Brandiforti sembra uscita da un quadro rinascimentale con il suo abito damascato. «Il busto cambia la postura — dice l’attrice — e con essa il pensiero. Col busto pensi dall’alto». La scelta monografica è stata curata da Barbara Goretti, responsabile di “Cinecittà si Mostra”, con Piero Risani, Carolina Rorato Guarienti per ASC e Barbera.
“Diamanti”, quando l’abito diventa personaggio
Il successo cinematografico del 2024, “Diamanti” di Ferzan Özpetek, porta in mostra i costumi firmati da Stefano Ciammitti per le protagoniste Luisa Ranieri e Jasmine Trinca. Due sorelle, due visioni, due stili: Alberta, rigorosa e trattenuta, si muove in un elegante black and white di lino, mentre Gabriella si lascia descrivere da un abito floreale, libero e cangiante. Ma il vero colpo di scena è che, nella pellicola del regista turco, il costume non accompagna la sceneggiatura: la diventa. «Gli abiti sono personaggi», chiosa il costumista. E, vedendoli da vicino, non si può che credergli.
I gioielli dell’immaginazione di “Juliet and Romeo”
Tra le teche illuminate all’ingresso, brillano accessori inediti e scenici provenienti da Pikkio: un copricapo fatto di pneumatico per «Diamanti» e pensato per Carla Signoris, quello in pietre e perle indossato da Rebel Wilson che interpreta Donna Capuleti e una maschera da uomo con elementi vegetali per “Juliet and Romeo”. Poi, un harness imperiale portato da Jolie in «Maria», fino alla calotta-serpente dorata di “Megalopolis”, del cineasta Francis Ford Coppola, ideata dalla pluripremiata Milena Canonero. Ogni pezzo svela un frammento di sogno, di follia creativa, di maestria artigiana.
Novarese, il maestro tra eccellenza sartoriale e heritage
Chiude la mostra un omaggio all’alto artigianato che ha reso grande il cinema italiano: due pezzi firmati da Vittorio Nino Novarese, vincitore di due Premi Oscar. Nel percorso, è possibile ammirare la sontuosa armatura di Rex Harrison, il “Papa guerriero” ne “Il tormento e l’estasi”, e lo scenografico busto di Anita Ekberg per “Nel segno di Roma”, ricostruito fedelmente in vista dell’esposizione. Due creazioni che ricordano come il costume sia stato, e resti, una disciplina artistica a sé stante, tra heritage, architettura e passione. In un incantevole viaggio fra texture e anime, «Cinecittà si Mostra» ricorda che, quando l’abito racconta la personalità femminile, allora si trasforma in narrazione, ribellione, identità. Perché ogni cucitura custodisce un gesto, ogni orlo una metamorfosi, ogni vestito una storia.
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