E’ attesa alla Procura di Roma una prima informativa della polizia postale sulle foto rubate che ritraggono donne, anche attrici e politiche, e pubblicate senza consenso su alcuni siti sessisti. Poi verrà aperto un fascicolo. Alla luce della mole di denunce presentate in tutta Italia non si può escludere che vengano interessate anche altre Procure. La Postale ha avviato indagini per risalire a chi gestisce le piattaforme e verifiche sono in corso, inoltre, per identificare gli autori dei commenti sessisti e offensivi.
La richiesta del risarcimento danni a Facebook
Tutte le «donne che sono state ferite con violenza nella loro identità femminile» possono «partecipare a questa class action» contro le piattaforme sessiste «e noi chiederemo un risarcimento danni per loro a carico di Facebook», in particolare per quanto riguarda il gruppo ‘Mia moglie’, dove venivano diffuse immagini di mogli e compagne senza consenso. Lo ha annunciato, parlando con l’ANSA, l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, specializzata in diritti di famiglia, chiarendo che, assieme al penalista David Leggi, sta studiando anche il caso del sito Phica.eu, sempre nell’ottica di azioni civili di risarcimento e penali.
La celebre avvocata matrimonialista ha spiegato che in queste vicende «è stato violato il principio costituzionale che tutela l’identità e la dignità della persona ed, in particolare, è stata ferita con violenza, con l’uso brutale di quelle immagini, l’identità femminile». Per questo, ha chiarito, «a me potranno rivolgersi tutte le donne che hanno subito queste ferite e noi chiederemo per loro un risarcimento danni a carico di Facebook». E ha aggiunto: «Lo potremmo chiedere anche agli uomini, ma non credo che avessero molto tempo per lavorare, se poi spendevano il tempo così…». Queste donne, ha precisato, «potranno rivolgersi direttamente a me, attraverso la mia email che metto a disposizione, abdp@abdp.it, e io svolgerò questa attività solo per una cifra simbolica — ha chiarito — nessuna alta parcella ovviamente». Dall’inizio della prossima settimana, l’avvocata Bernardini de Pace e il collega penalista David Leggi inizieranno a studiare i casi del gruppo Fb ‘Mia moglie’ e del forum on line Phica.eu e a raccogliere le eventuali segnalazioni che arriveranno per preparare azioni civili e penali. «Potremmo agire con due class action», ha spiegato ancora l’avvocata. Sul fronte penale, ad esempio, come ha precisato Bernardini de Pace, si potrebbe arrivare a contestare il «revenge porn», ossia il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, ma anche ipotesi di «stalking, violenza o molestia». A cui si potrebbero aggiungere ovviamente profili di violazione della privacy, oltre che diffamatori e di istigazione a delinquere, in relazione ai commenti che apparivano nel forum sessista. «Voglio vedere anche — ha concluso Bernardini de Pace — se ci sarà pure la possibilità di intervenire rivolgendosi al Garante per la Privacy».
La chiusura
Il sito sessista Phica.eu chiude dopo le polemiche. I gestori rimuovono tutti i contenuti. ‘Se sono stati violati i tuoi diritti, scrivici e rimedieremo — avvisano gli utenti — Phica è nata come piattaforma di condivisione personale, con uno spazio dedicato a chi voleva certificarsi e condividere contenuti in un ambiente sicuro. Purtroppo, ci sono sempre persone che usano in modo scorretto le piattaforme, danneggiandone lo spirito e il senso originario’. Da tutta Italia arrivano alla Polizia postale denunce di donne che hanno scoperto loro foto rubate. Si indaga per risalire a chi gestisce le piattaforme che contengono anche foto di politiche (tra cui Meloni e Schlein), attrici e influencer e identificare gli autori dei commenti offensivi. Roccella annuncia ‘presto’ misure di contrasto, il Pd lancia un’iniziativa bipartisan dei parlamentari.
Le giornaliste coinvolte
Ci sono anche le giornaliste del Tg1 nel sito sessista chiuso dalla Polizia postale. La loro denuncia nel corso del telegiornale di questa sera. «Ci sono anch’io sito su questo sito», dice Laura Chimenti, «ma potreste esserci anche voi su siti analoghi, credetemi è orribile perché non siamo oggetti, non siamo corpi da usare e da umiliare. Vedere le nostre immagini con sottoscritti certi commenti fa male a noi che siamo personaggi pubblici, a voi che non siete persone famose. Dobbiamo dire no a questa squallida logica del web, non abbiate paura, denunciamo, ora basta». «Ci sono anch’io su questo sito», afferma Maria Soave, «ed è come subire una violenza, come se il nostro corpo fosse un oggetto alla mercé di chiunque. Essere spogliati della propria dignità, della propria privacy non è accettabile, non è goliardia, non è ironia, è soltanto violenza. E allora denunciamo, denunciate perché non siete sole e perché tutto questo non colpisca più nessuna». Tra le denunce anche quella di Valentina Bisti: «Ci sono anch’io e credetemi è stato terribile vedere una mia foto personale, il mio corpo pubblicato senza il mio consenso ed esposto a commenti sessisti, è un gesto molto grave che non dobbiamo sottovalutare. Voglio dire a tutte le donne che si trovano nella mia stessa situazione che la colpa non è nostra, non siamo noi a doverci vergognare: questa è violenza, basta, dobbiamo denunciare. «Ci sono anch’io», denuncia poi Giorgia Cardinaletti, «e anche io ho letto questi commenti rivoltanti; denunciamo tutte e denunciamo tutti per smontare ogni pezzo di questa macchina diabolica digitale che va avanti da anni e che alimenta la logica del branco, quella logica che giustifica tutto come gioco, goliardia. No, è violenza, basta, denunciamo».
La denunce a Genova
Sono arrivate anche a Genova le prime segnalazioni di donne che si sono riconosciute nelle foto pubblicate dalla pagina Facebook Mia Moglie, il gruppo social che aveva raggiunto i 32 mila iscritti in cui gli uomini pubblicavano le foto delle consorti, e non solo, per raccogliere commenti e like. Il caso a livello nazionale è stato portato alla luce dall’organizzazione giovanile No justice no peace. Le vittime hanno scaricato le foto ed effettuato lo screenshot dei commenti e consegnato tutto alle forze dell’ordine: dalla polizia postale ai carabinieri. Il lavoro degli inquirenti non sarà semplice anche perché molti, dopo il clamore mediatico, si sono cancellati oppure si erano iscritti con nomi finti. Una volta identificati bisognerà distinguere tra chi ha pubblicato le foto e chi ha commentato. I primi potrebbero essere anche indagati per revenge porn, il reato che punisce l’illecita diffusione di immagini sessualmente esplicite senza consenso, ma anche per violazione della privacy e accesso abusivo a sistema informatico se le immagini sono state sottratte da dispositivi privati. I secondi potrebbero essere accusati di diffamazione aggravata. Una volta identificate le persone, la polizia postale invierà le informative alla Procura. Le denunce potrebbero confluire in un unico fascicolo assegnato a uno dei magistrati del pool che si occupa dei reati informatici. Nei giorni scorsi l’attivista genovese Biancamaria Furci aveva fatto un lavoro certosino e aveva scovato concittadini nella pagina. ‘Poliziotti. Militari. Medici. Dirigenti sanitari. Avvocati. Insegnanti. Docenti universitari.. Ho cercato gli uomini della mia città (Genova) iscritti al gruppo Facebook di scambio di foto e video — ha detto Furci — nella stragrande maggioranza dei casi non consensuale di mogli e partner per ottenere un voto, un commento per esporre in piazza la proprietà su queste donne».
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