La stretta è dietro l’angolo. Ci lavorano già da giorni gli uffici legislativi del ministero delle Infrastrutture e l’input viene direttamente dal ministro. Matteo Salvini prepara il giro di vite contro gli scioperi e i cortei in piazza. Lo ha fatto sapere nei giorni scorsi, mentre covava la mobilitazione nazionale in difesa di Gaza, intende ora passare ai fatti. Una legge contro gli “scioperi selvaggi” che «bloccano il Paese», si danno di gomito in casa Lega dove ha iniziato a prendere forma la proposta. Ispirata al mantra “chi rompe paga”. Ovvero, chi blocca il Paese e mette fuori gioco servizi pubblici essenziali contravvenendo alle istruzioni della Commissione di garanzia, è la convinzione del vicepremier che ne ha parlato con Giorgia Meloni, deve pagare. Una multa. O una cauzione, come quella che Salvini vorrebbe far sborsare a chi organizza manifestazioni e cortei che poi degenerano in scontri con la polizia, tafferugli, lanci di pietre e bottiglie (una minoranza, ieri). Sul punto si interroga anche la premier. Che ieri, di fronte alla marea umana scesa in piazza al grido di Gaza libera, ha scelto la via del silenzio. No-comment. Ha commentato eccome, ovvio, dietro le quinte e il giudizio resta quello della vigilia. Uno sciopero «strumentale» che «non aiuta in nessun modo i palestinesi». Del resto è questa la lettura trapelata ieri dal cerchio magico della leader. In serata il post dell’inseparabile sorella Arianna, a capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia. «Lo sciopero è astensione dal proprio lavoro, non impedire agli altri di lavorare, altrimenti si chiama sopruso, prepotenza, violenza verso il prossimo». E nelle stesse ore, su input del sottosegretario a Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari, atterrava nella casella mail dei parlamentari meloniani un dossier riservato. Mette in fila «tutte le iniziative del governo Meloni per Gaza» e la linea impartita agli onorevoli si può riassumere così: il governo sì ha aiutato i gazawi, altro che la flotilla e gli scioperi. Ma il silenzio della premier fino a tarda sera, al contempo, tradisce una certa prudenza. Un po’ perché i fari di Palazzo Chigi sono puntati sulla maxi manifestazione pro-Pal in programma oggi a Roma e anche i fari dei Servizi sull’attivismo di frange “estremiste” decise a cercare l’incidente. Un po’ perché scioperi e piazze sono dossier politicamente — ed elettoralmente — troppo sensibili per scegliere la mano pesante.
LA CAUTELA
Ecco perché il governo, nonostante lo stop della Commissione di garanzia, ha scelto di non precettare. «Se si precetta non si risolve il problema ma si alimenta il clima già avvelenato in modo irresponsabile» spiega chi ha parlato con Meloni e Salvini nelle ultime ore. E anche sulla stretta normativa paventata dal ministro delle Infrastrutture diversi sono i dubbi che aleggiano ai piani alti del governo. Sarà una buona mossa? E soprattutto, si rischia di attivare la tagliola della Corte Costituzionale, dal momento che lo sciopero è diritto costituzionalmente garantito? Il diavolo come sempre è nei dettagli. Salvini ha chiesto di studiare una soluzione per «inasprire le multe». Come? Servirebbe un vero e proprio intervento legislativo che modifichi la norma sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Più complesso applicare agli scioperi — come il governo vorrebbe fare ai cortei — l’idea di una «cauzione precauzionale» contro eventuali danni. Questa sì entrerebbe in un terreno scivoloso. E forse non passerebbe il test della Consulta. Il cantiere comunque è aperto. Negli uffici legislativi del ministero nessuno, nei giorni a venire, incrocerà le braccia.
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