Convegni, spettacoli, letture di poesie, happening e preghiere. Si scopre francescano il Meeting di Rimini e in una grande nostra sarà esposta anche la tempera su tavola del ritratto di San Francesco, opera di Cimabue del 1290. In onore degli 800 anni della morte (1226) del Poverello di Assisi la kermesse ciellina metterà il saio del frate zoccolante e celebrerà in tutti i modi questo personaggio che ha avuto tante epoche e tante riletture e a cui la politica ha sempre cercato di fare riferimento sfruttandone la popolarità. Basti pensare, anche se nessuno se ne ricorda mai, che nell’arroventato 1948 il Fronte Popolare social-comunista, pur avendo come icona il laicista Giuseppe Garibaldi, per rivaleggiare presso l’elettorato cattolico con la Dc tentò l’operazione San Francesco. Ovvero: venivano diffusi santini con il titolo «S. Francesco – un vero cristiano contro i falsi cristiani» e lo scopo era quello di strappare consensi nelle parrocchie. E che cosa dire dell’uso che Mussolini aveva fatto di San Francesco? Fu il beato che più subì l’attenzione del regime fascista. «Il più italiano dei Santi, il più Santo degli italiani», diceva di lui il Duce. Il quale lo celebrò in uno dei suoi più efficaci discorsi, in occasione del settimo centenario della morte nel 1926.
Questo è il passato e naturalmente nessun paragone è mai possibile con l’oggi. Quel che c’è però è che adesso il governo, a fine mese e praticamente al completo, non sarà al Meeting di Rimini soltanto per raccontare le proprie gesta ma in qualche modo anche per inchinarsi alla memoria di un santo che da destra a sinistra è sempre andato per la maggiore. E di cui soprattutto Grillo e Casaleggio si dissero discepoli, prendendolo a modello per la loro retorica propagandistica del pauperismo e della decrescita felice.
RUBABANDIERA
Ora, sembra essere in corso il rubabandiera: la destra che va a festeggiare il santo a Rimini è la stessa destra che quando vinse le elezioni si presentò così nella notte del trionfo attraverso le parole di Giorgia Meloni: «Tu comincia a fare quello che è necessario, poi quello che è possibile. Alla fine, ti scoprirai a fare l’impossibile». Citazione francescana che fu contestata da qualche studioso ma in ogni caso — si veda anche il feeling della premier con il vecchio papa, Francesco, esplicitamente innamorato del poverello — il santo di Assisi è una figura che affascina l’attuale compagine di governo se non altro per la sua capacità orizzontale e popolare di porsi rispetto alle persone e al creato.
In attesa dello sbarco dei ministri guidati da Meloni il cui speech (a cui starebbe già lavorando) concluderà la kermesse il 27 agosto, tra i volontari di Rimini circola questa battuta: Francesco da Patrono d’Italia a Patriota d’Italia. Si potrebbe anche dire: da Fratelli d’Italia a «fratelli tutti» ?
Di sicuro lo sforzo da egemonia culturale che la destra italiana sta intraprendendo, sulle macerie di una cultura di sinistra ormai afona e spaesata, investe in pieno tutto lo spettro della cristianità e vuole darsi un indirizzo largo che non può prescindere dalle credenze popolari e dal mondo religioso che, si veda il successone del Giubileo dei giovani, è in una fase di grande vivacità.
Meloni ha promesso tutto il sostegno del governo alle celebrazioni degli 800 anni della morte di San Francesco per cui c’è un comitato nazionale presieduto da Davide Rondoni che è una delle star a Rimini. «San Francesco è un italiano di tutti e per tutti», ha detto Rondoni presentando l’anniversario e Meloni gli ha dato ragione.
Oltretutto, ci sono in Parlamento due proposte di legge del centrodestra in favore del ripristino della festa nazionale del 4 ottobre per San Francesco. Una proposta è di Noi Moderati per iniziativa proprio del leader Maurizio Lupi, un’altra è di Fratelli d’Italia. E lo scopo è quello di far tornare dal 2026 nell’elenco delle festività nazionali, dal quale era stata cancellata nel 1977, la festa di San Francesco.
INVISIBILI
Nel rubabandiera francescano, la sinistra si tiene stretta la marcia della pace di Assisi, alla quale gli avversari non partecipano mai, ma la destra adesso sembra essere la più motivata a sventolare l’icona del Poverello. C’è per esempio il caso del sindaco dell’Aquila, il meloniano Pierluigi Biondi, che ha lanciato insieme alla Croce Rossa italiana il progetto Invisibili, per prendersi cura dei senzatetto e delle persone in difficoltà, e si richiama espressamente agli insegnamenti di San Francesco.
Sinistra, destra e Poverello: si tratta comunque di un intreccio affascinante. Meloni nel 2017 attaccava il «finto francescano» Grillo. Scrivendo così su Facebook: «C’è gente che il sabato si paragona a un uomo di Dio come San Francesco e la domenica si dedica alla tintarella a bordo di uno yacht. Lupi travestiti da agnelli».E insomma c’è adesso la Rimini francescana che piace a destra (al Meeting la sinistra non c’è o va cercata con il lanternino caro ai frati di Assisi) e c’è la destra che spinge per ripristinare per via legislativa la festa per il santo. Il problema è che la trasversalità di San Francesco difficilmente potrà essere imbrigliata in una appartenenza politica e neppure quelli a cui piace lo schema Patrono d’Italia-Patriota d’Italia possono pretendere di avere in esclusiva il Poverello. Perché il santo di Assisi resta piena di sfaccettature politiche. C’è un Francesco tradizionalista e uno progressista, uno ipercattolico e uno prelaicista, uno obbediente e uno ribelle, uno di destra e uno di sinistra, uno pacifista e terzomondista e uno occidentalista, uno nazional-popolare e uno animalista e new age. A ognuno il suo San Francesco e forse il San Francesco migliore, e il più vero, è quello di Cimabue.
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