I più agguerriti, neanche a dirlo, sono stati liguri e sardi. Da Camogli a Orosei, dalla Baia dei Saraceni a Carloforte, gli ombrelloni sono rimasti in larga parte chiusi, talvolta anche fino alle 11.30, un’ora in più del programma. Stabilimenti a mezzo servizio invece in buona parte della Campania (ma non a Ischia) e della Sicilia, specie a Catania. In Puglia? Pure, anche se spesso è finita con friselle e pomodori offerte dai gestori ai bagnanti più mattinieri. Un po’ come a Rimini dove, per farsi perdonare, a mezzogiorno son volati un po’ di tappi di spumante. In Calabria, al contrario, dalla Costa degli Dei a Tropea, tutti in spiaggia con la parmigiana ma senza recriminazioni sindacali.
Balneari, sciopero dell’ombrellone: «Governo ci ha illuso, vogliamo indennizzi e indicazioni chiare»
È finito con un’adesione a macchia di leopardo lo «sciopero gentile» dei balneari indetto da Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti come atto dimostrativo contro l’inazione del governo sulla questione delle concessioni. Eppure i due storici sindacati festeggiano indicando una «partecipazione massiccia, tra il 70 e l’80%» degli operatori e dando il là alla guerra dei numeri che da sempre accompagna serrate e scioperi vari. Tant’è che quando il mare è ancora tiepido e la sabbia non scotta il Codacons parla già di «flop» e l’Unione nazionale consumatori affonda l’iniziativa dipingendo una «sceneggiata a tarallucci e vino». La verità probabilmente sta nel mezzo. Tra i flashmob acquatici visti a Fiumicino e una Versilia senza intoppi nella stragrande maggioranza, ad incrociare le braccia potrebbero essere stati circa la metà delle 7.244 imprese che gestiscono le coste del Belpaese.
Una spaccatura che non ha risparmiato neanche i più iconici teatri delle tintarelle dei politici. Ombrelloni chiusi e sdraio capovolte al Papeete di Milano Marittima, palcoscenico da cui un Matteo Salvini in versione dj sconquassò il governo gialloverde. Ma alla serrata aderisce anche di buon grado pure Capalbio, ex icona dem da poco passata (con poco più del 40% dei consensi) nelle braccia di Giorgia Meloni. Il governo, del resto, uno stabilimento ce l’ha in casa. È il Twiga che dalle mani della ministra del Turismo Daniela Santanché è finito nella braccia (per niente incrociate) di Flavio Briatore.
LO SCIOPERO
Per ora sono state revocate le altre giornate di mobilitazione del 19 e 29 agosto, in attesa che il dossier, come promesso da fonti dell’esecutivo, approdi in uno dei prossimi Cdm, probabilmente quello del 27 agosto. «Crediamo che agli impegni che il governo ha preso darà seguito come annunciato», dice Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba. «Ma restiamo vigili e attenti», incalza Antonio Capacchione, presidente del Sib, che ieri ha anche invitato Meloni al suo «lido operaio» di Margherita di Savoia, in Puglia.
La richiesta, del resto, è proprio non traccheggiare. Più o meno la stessa di Bruxelles che da anni chiede all’Italia di far partire le gare previste dalla direttiva Bolkestein. La via per salvaguardare gli investimenti degli attuali gestori, garantendo indennizzi o nuove proroghe, è però strettissima e difficilmente accontenterà chi ieri ha incrociato le braccia.
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