21.05.2025
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Politics

«Cambiamo insieme la Ue». L’incontro nella sede di Fdi a Roma


ROMA Eravamo quattro conservatori a via della Scrofa. «Certo che sto qui per Giorgia Meloni. Secondo voi?». Entra a fatica nella giacca, palestrato, passo svelto. George Simion sorride sornione. Eccolo, l’uomo del momento in Romania, candidato e papabilissimo presidente ultraconservatore. «Beh ovvio che Giorgia mi sostiene, può sostenere un candidato pro Lgbtq?». Dietro di lui calpesta i sanpietrini tutto il direttorio dei Conservatori europei. Mateusz Morawiecki, il presidente, ecco la giovane Marion Marechal Le Pen. Giorgia Meloni ha appena abbandonato il quartier generale di Fratelli d’Italia. Quaranta minuti di conclave per lanciare la volata al candidato che ha scosso l’Europa. «Lei ha detto che dobbiamo aiutarci nelle campagne elettorali, vuole il quarto premier conservatore nel Consiglio europeo», confida Le Pen junior accompagnata dal marito Vincenzo Sofo, ex europarlamentare della “fiamma”. «Sì, abbiamo parlato anche di elezioni in Francia — scherza pensando alle sventure della zia Marine per ora esclusa dalla corsa all’Eliseo — ma è meglio non parlarne…». Scaramantica. Vertice per nulla sbandierato dalla premier e dal suo staff. Forse perché Simion è l’uomo della provvidenza per un pezzo d’Europa, della “sventura” per l’altra metà. Filorusso, ultranazionalista, “fascista” sono gli epiteti usati dalle opposizioni in Romania che sperano al ballottaggio vinca il centrista Nicușor Dan. Speranze forse illusorie a leggere i sondaggi: l’onda sovranista, dopo l’elezione annullata di Georgescu per “interferenze russe”, si è fatta tsunami. «Non è vero, dicevano cosi anche di FdI i primi anni..» taglia corto il polacco Morawiecki uscito dal portone del partito di Giorgia. Mentre Simion confida ai quattro venti che la Russia di Putin è un Paese «criminale», altroché. Quaranta minuti di confronto con la special guest, leader del partito rumeno Aur. Meloni entra dal retro, dopo una giornata di passione alla Camera, l’alta anzi altissima tensione con i rivali Elly Schlein e Giuseppe Conte nel botta e risposta del question time. Si ferma per un saluto e dà la linea al partito Ue che fino a pochi mesi fa guidava di persona. La scossa rumena, è il senso del discorso, può diventare una scossa europea. Si parla di Ucraina, alla vigilia del vertice di Istanbul oggi che può essere un tornante nella guerra dei tre anni. «Confidiamo negli sforzi di Trump» dice Morawiecki al Messaggero a spasso per i vicoli del centro ed è questa la preghiera scandita da tutti i presenti seduti nella sala delle riunioni, a due passi dallo studiolo che fu di Giorgio Almirante. È un segnale politico. Le opposizioni attaccano la premier, raccontano il governo come isolato in Europa, tenuto fuori dalle telefonate sull’Ucraina apparecchiate da Macron insieme a Starmer e Merz.

LA MAGGIORANZA

Anche in maggioranza c’è chi, leggi Forza Italia, vorrebbe un governo più «coraggioso» nella scelta europea (Copyright Tajani). Meloni punta sul week end “santo” di Piazza San Pietro — la prima messa di Papa Leone XIV condita dalla visita del tedesco Merz, il vis-a-vis in programma fra il vicepresidente Usa JD Vance e Ursula von der Leyen — per dimostrare il contrario. Ma intanto mette la firma sull’alleanza della (sua) destra Ue in pieno centro a Roma e benedice la cavalcata di Simion. Sotto sotto, anche per sfilare il premier wanna-be in Romania dagli abbracci di Matteo Salvini che lo incontra poche ore prima a Palazzo Brancaccio e brinda alla sua insieme alla comunità rumena in Italia (super-simoniana: ha votato per lui oltre il 70 per cento). Domenica il voto che può decidere il corso futuro di un Paese centrale per la Nato, che ospita centinaia di truppe italiane e confina con l’Ucraina martoriata da Putin. In quell’urna, con l’Europa a guardare e trattenere il fiato, lei non esiterebbe un attimo.

Francesco Bechis

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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