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«Calpestata con un oggetto mentre era stesa»


L’impronta sulla coscia sinistra di Chiara Poggi non è quella di un tacco o di una scarpa. Ma di un segno «compatibile con il piedino di una stampella». E’ quanto rivela il professor Pasquale Mario Bacco, medico legale di chiara fama in un’intervista al settimanale Giallo, analizzando l’impronta lasciata sulla gamba della ragazza uccisa a Garlasco nel 2007. 

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L’impronta di una stampella

Per l’esperto, non si tratta dell’impronta di un tacco o di una punta di scarpa, ma di un segno «compatibile con il piedino di una stampella con pallini antiscivolo». Nella foto della gamba mostrata da Giallo per la prima volta, infatti, si nota che la traccia ha una forma geometrica netta e particolare: è formata da tre pallini. Dice il professore: «Dovremmo immaginare un tacco con tre elementi protuberanti, piuttosto strano. La punta di una stampella, invece, è più compatibile». Secondo il medico legale l’ematoma è stato prodotto con un colpo secco, non con un calcio: «Chiara è stata calpestata con un oggetto mentre era stesa. È il classico segno che definiamo di disprezzo». 

Se quindi le scarpe attribuite a Stasi non sarebbero compatibili con l’impronta rilevata sulla coscia sinistra di Chiara, di chi potrebbe essere? L’attenzione torna sul nome di Paola Cappa (mai indagata). Nei giorni successivi al delitto, la ragazza appariva emaciata e girava con una stampella (per un incidente in bicicletta). Fu lei stessa a rivelare di aver tentato il suicidio pochi giorni prima, con tanto di telefonata al 118 che venne poi raccontata dai giornali.

Chiara uccisa senza potersi difendere

Di certo c’è che Chiara non avrebbe avuto il modo e il tempo di difendersi dal suo o suoi assassini. Però potrebbe aver tentato di scappare, come indicano le contusioni su braccia e gambe, che «potrebbero essere espressione di caduta durante un possibile tentativo di fuga». E per quanto la scena del delitto fosse stata inquinata dai tanti interventi in quelle ore senza particolari accorgimenti, nessuno di loro può aver provocato le ferite sul corpo della ragazza emerse dall’autopsia quando era ancora viva.

Lo strano racconto di Stasi

Riemerge oggi anche il racconto che fece Alberto Stasi subito dopo il delitto. «Una delle cose che mi colpì nel suo racconto del ritrovamento del corpo di Chiara Poggi, fu che descrisse il volto della ragazza pallido, quando invece aveva il viso completamente sporco di sangue e coperto dai capelli», racconta Gennaro Cassese, ex comandante dei carabinieri di Vigevano, tra i primi a intervenire nella villa di Garlasco e ad interrogare Alberto Stasi, condannato a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata, Chiara Poggi. L’intervista andrà in onda su Sky Tg24 venerdì 13 giugno, alle ore 21, e fa parte del documentario curato per il canale all news da Tonia Cartolano e Diletta Giuffrida dal titolo ‘La verità di Garlasco — L’omicidio di Chiara Poggi’. «Questo particolare — ricorda ancora Cassese — mi consentì di farmi mandare una foto della vittima da Pavia, foto che gli fu esibita e davanti alla quale Stasi ebbe una reazione di estrema calma e freddezza». Il caso Garlasco «più di altri ha stimolato l’istituzione a prendere atto che era sicuramente migliorabile l’approccio investigativo, soprattutto il primissimo approccio alla scena del crimine», dichiara uno dei protagonisti del documentario, l’ex comandante del Ris di Parma, il generale Giampietro Lago, per il quale «è innegabile che siano stati commessi, soprattutto nella prima fase, degli errori o delle negligenze, ma questo è già nelle sentenze

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