C’è chi investe in immobili. Chi in azioni. E poi c’è chi sceglie una Birkin. O una Chanel 2.55. Borse iconiche che non passano mai di moda, ma che – soprattutto – aumentano di valore col tempo. Oggi il lusso si mette al braccio e si custodisce come un patrimonio. Non solo, diventano protagoniste di vendite da capogiro organizzate dalle più celebri case d’asta, Christie’s e Sotheby’s, dove una rara Himalaya Hermès di coccodrillo ha raggiunto oltre 380 mila dollari. Ma anche del mercato secondario, dove pezzi fuori produzione, vintage o introvabili diventano occasioni d’oro: si acquistano a 5mila, si rivendono a 9. E c’è pure chi le colleziona come fossero opere d’arte. Perché la borsa oggi, diciamocelo, non è più solo un accessorio. È status symbol, identità, investimento. E in boutique viene trattata come un oggetto sacro: i guanti li indossa la commessa ma anche la cliente. E le liste d’attesa nella maison di Hermès, per avere una Birkin nuova, possono arrivare a mesi o anni. E così, sui siti di second hand, capita che una borsa costi più del listino ufficiale: una Kelly che in negozio sta a 9.000 euro, lì ne vale anche 14.000. Ma si compra lo stesso perché è disponibile. E perché il tempo, per chi compra lusso, è parte del prezzo. È un mercato d’élite, ma sempre più vasto. E sempre più digitale.
MERCATI PARALLELI
Chanel, Louis Vuitton, Prada, Gucci. Marchi storici, desideri eterni, investimenti concreti. Ma anche i più clonati, replicati, taroccati. Falsi ormai perfetti. Oggi si comprano borse ovunque, e le boutique fisiche, sono quasi un’eccezione da copertina. «Sempre più clienti cercano di acquistare tramite canali secondari – reseller, mercati paralleli – anche a prezzi maggiorati pur di non aspettare», confessa un addetto anonimo di una grande maison. E allora si va sulle piattaforme Vinted o Vestiaire Collective, a caccia di borse di lusso. Si fruga, si clicca, si spera. Ma si rischia. «Mi era capitato di voler comprare la Jackie di Gucci su queste app, ma non ha passato il controllo verifica», racconta Camilla, 29 anni. «Alla fine ho speso un po’ di più, sono andata in negozio e ho aspettato tre settimane. Ma almeno ero sicura».
Vinted, nel frattempo, si è attrezzata: grazie al suo servizio di autenticazione (di 10 euro), oggi tenta di arginare il fenomeno. Controlli su materiali, odori, cuciture, codici seriali. Ma non basta. Perché i superfakes – così si chiamano le repliche di altissima qualità – sono più intelligenti del previsto: usano spray al profumo di pelle, dettagli minuziosi riprodotti alla perfezione e materiali sintetici abilmente mascherati. «Toccare ogni giorno le borse vere ti salva», spiega Vincenzo Guerra, 21 anni, napoletano, rivenditore e tiktoker con un fiuto da segugio per le “It Bag”. «Ma chi non lo fa, cade nel tranello. Capita spesso che arrivino clienti convinte di avere tra le mani una borsa di marca, magari un regalo o un’eredità di famiglia, e invece è un falso. Nessuna malafede, solo tanta inconsapevolezza: oggi è davvero difficile, per chi non è del mestiere, riconoscere un originale». Per questo Vincenzo usa TikTok non solo per mostrare le borse, ma anche per educare il pubblico. «La contraffazione è un problema serio e illegale, che danneggia i consumatori e le aziende, per questo uso i social per informare e sensibilizzare». I prodotti falsi ormai sono ovunque. E sono sempre più indistinguibili. «Servono lenti, IA, e team di esperti per dirlo con certezza. Noi ci appoggiamo per esempio a una azienda americana».
VINTAGE E SECOND HAND
A confermare la complessità del mercato di seconda mano c’è anche la fashion blogger e reseller Alessia Migliavacca, nota come Selvaggia May, 30 anni, da Pavia, con 128 mila follower sui social. «Mi occupo di borse di lusso usate da circa 15 anni», spiega. «Oggi la percezione è cambiata: un articolo firmato, artigianale e di qualità elevata mantiene valore nel tempo, a differenza della moda “mordi e fuggi” che spinge a comprare e buttare nel giro di pochi mesi o anni». Selvaggia sottolinea come la pandemia abbia trasformato le abitudini di acquisto: «Molte persone si sono avvicinate allo shopping online, scoprendo la comodità e la possibilità di cercare pezzi unici con calma e attenzione. Certo, le boutique restano un punto di riferimento fondamentale oltre che una esperienza, ma il digitale ha aperto nuove strade e ampliato il mercato». Un nodo cruciale è di certo quello della contraffazione: «I cosiddetti super fake sono “quasi” perfetti e il rischio di cascare in una truffa è altissimo. Per questo consiglio sempre a chi mi segue di affidarsi a professionisti e piattaforme serie. Solo conoscendo bene i falsi puoi davvero riconoscere l’autentico».
Poi c’è chi la borsa non la compra, la noleggia. «Sempre più persone la vogliono solo per una foto su Instagram», racconta Francesca Chiara, ex dipendente Gucci. «Venivano in negozio, la provavano, poi uscivano e la affittavano online». Nel frattempo, le maison alzano i prezzi alimentando il mercato parallelo. «Vendiamo borse attuali anche al 50% in meno del listino. E il risparmio può arrivare anche al 70% rispetto al negozio ufficiale per un prezzo unico o fuori prudizione», conclude Guerra. Insomma chi possiede un pezzo autentico lo sa, e lo custodisce come un lingotto: può valere quanto un’auto, o più di un gioiello, diventando così un vero e proprio investimento da tramandare nel tempo.
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