Risparmio e investimenti, ogni venerdì
Iscriviti e ricevi le notizie via email
Trasferire denaro a figli o parenti stretti è una pratica diffusa, spesso dettata da esigenze affettive o dalla necessità di far fronte a spese improvvise. Tuttavia, ciò che per le famiglie rappresenta un gesto naturale può trasformarsi, agli occhi dell’Amministrazione finanziaria, in un potenziale indizio di redditi non dichiarati.
Come quindi trasferire denaro tramite bonifico ai propri figli o ad altri familiari senza rischiare problemi con il Fisco? Il tema ha trovato la sua definizione con la sentenza n. 4378/2024 della Corte di Giustizia Tributaria della Puglia, che ha chiarito i limiti delle indagini fiscali sui bonifici tra familiari.
Bonifici tra familiari sotto la lente del Fisco
La normativa sulle indagini finanziarie attribuisce all’Agenzia delle Entrate poteri particolarmente incisivi. In base agli articoli 32 del D.P.R. 600/1973 e 51 del D.P.R. 633/1972, il Fisco può analizzare nel dettaglio ogni movimento bancario del contribuente, ricostruendo versamenti, prelievi e bonifici. La regola è quella della presunzione legale relativa: le somme che transitano su un conto possono essere considerate redditi occultati, salvo prova contraria fornita dal contribuente.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che tale presunzione non può sostituire l’accertamento concreto dei fatti, ma resta comunque a carico del contribuente l’onere di dimostrare, con documentazione precisa e coerente, la reale natura delle somme ricevute.
Proprio su questo punto si innesta la decisione della Corte Tributaria pugliese.
Il caso riguardava una società con socio unico, destinatario di accertamenti fiscali fondati su presunti utili extracontabili ricavati dai movimenti dei suoi conti personali. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato cinque versamenti: alcuni effettuati direttamente dal socio alla società, altri provenienti dai conti della madre pensionata e della sorella, dipendente pubblica.
La decisione
In primo grado, la Commissione provinciale di Bari aveva dato ragione al Fisco. In appello, però, la decisione è stata ribaltata. I giudici hanno ritenuto che le somme fossero pienamente tracciabili e supportate da una documentazione idonea a dimostrarne l’origine. I versamenti del socio erano qualificabili come finanziamenti infruttiferi alla società, mentre quelli dei familiari avevano natura solidaristica ed erano provenienti da soggetti con redditi già tassati alla fonte.
Secondo la Corte, il sostegno economico tra parenti rientra nella fisiologia dei rapporti familiari e non può essere considerato, di per sé, un’anomalia. Ne deriva un principio chiaro: un bonifico proveniente da un genitore, da un fratello o da un altro parente stretto non può essere automaticamente qualificato come reddito occulto, se l’origine delle somme è dimostrabile.
La sentenza
La sentenza riporta al centro dell’attenzione un aspetto cruciale: la corretta documentazione delle operazioni. L’utilizzo di strumenti tracciabili, come i bonifici bancari, e una causale chiara e coerente rappresentano la prima linea di difesa contro possibili contestazioni. Espressioni semplici come “sostegno alle spese familiari”, “regalo” o “anticipo per acquisto immobile” consentono di ricostruire agevolmente la finalità del trasferimento.
Il tema si intreccia inevitabilmente con la disciplina civilistica della donazione, regolata dagli articoli 769-809 del codice civile. La donazione, intesa come atto di liberalità con cui un soggetto arricchisce un altro senza contropartita, richiede in linea generale la forma dell’atto pubblico notarile, a pena di nullità. Più complessa è la qualificazione dei trasferimenti di somme rilevanti effettuati tramite bonifico: si tratta di donazioni dirette o di liberalità indirette?
La giurisprudenza
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 18725 del 2017, hanno chiarito che il bonifico disposto per spirito di liberalità e di non modico valore configura una donazione diretta ad esecuzione indiretta. L’ordine di bonifico, dunque, non è la donazione in sé, ma lo strumento con cui si dà attuazione a un accordo donativo già perfezionato.
Dal punto di vista fiscale, la questione è stata ulteriormente approfondita dalla Cassazione con la sentenza n. 7442 del 20 marzo 2024. Sia le donazioni dirette sia quelle indirette rientrano nell’ambito dell’imposta sulle donazioni prevista dal d.lgs. 346/1990, ma con regole diverse. Le donazioni formalizzate dal notaio sono sempre soggette a registrazione e, salvo esenzioni, a imposizione, tenendo conto di franchigie e aliquote legate al grado di parentela.
Cosa succede
Le donazioni indirette, invece, assumono rilevanza fiscale solo in due casi: quando vengono registrate volontariamente o quando emergono nel corso di un accertamento fiscale. In quest’ultima ipotesi, la tassazione avviene con l’aliquota massima dell’8 per cento, indipendentemente dal rapporto di parentela, con una funzione marcatamente sanzionatoria.
Alla luce di questo quadro, la prudenza resta la strategia migliore. In presenza di trasferimenti di importo significativo tra familiari, una corretta tracciabilità, una causale chiara e, nei casi opportuni, la registrazione dell’atto possono evitare contenziosi e consentire di beneficiare delle franchigie e delle aliquote più favorevoli previste dalla legge.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
