14.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

Ballottaggio Francia, in 175 si sono già ritirati per rallentare i lepenisti. Ma gli elettori sono tiepidi


Fino a stasera, la politica francese sarà dettata dalle calcolatrici. È una tradizione consolidata, in un sistema basato su elezioni uninominali a doppio turno: «Al primo turno si sceglie, al secondo si elimina» recita il manuale Cencelli d’Oltralpe. Ma troppe incognite, troppe novità, e anche troppa tensione, governano questa elezione, per potersi fidare degli insegnamenti del passato. Si alzerà una «diga repubblicana» contro il Rassemblement National? Funzioneranno i patti di desistenza tra la coalizione macroniana «Ensemble» e il Front Populaire? Accetteranno gli elettori moderati di votare per un candidato di estrema sinistra (e viceversa) per far perdere quello di estrema destra? Ieri sera, incrociando tutti i sondaggi, le inchieste di opinione e le analisi degli strateghi il responso era: 50 per cento di possibilità all’ipotesi di una maggioranza assoluta all’estrema destra domenica prossima e 50 per cento all’ipotesi di un parlamento senza nessuna maggioranza possibile, ingovernabile, capace di esprimere, al massimo, un inedito (per la Francia) governo tecnico.

MANOVRE
Le grandi manovre dureranno fino a questa sera, termine ultimo per i candidati nei 577 collegi di confermare o meno la loro presenza ai ballottaggi di domenica prossima. Per il Rassemblement National di Jordan Bardella si tratta di confermare l’exploit del primo turno (33,1 per cento dei voti con gli alleati neogollisti di Eric Ciotti) e di tradurlo in seggi. L’obiettivo è superare la fatidica soglia 289, maggioranza assoluta all’Assemblée Nationale, che consentirebbe la formazione di un governo monocolore blu scuro e imporrebbe a Emmanuel Macron la coabitazione con quell’estrema destra lepenista che aveva promesso di ridurre ai minimi termini arrivando all’Eliseo. La lista Ensemble della maggioranza presidenziale uscente ha ottenuto il 20%. Il risultato di domenica di Bardella è straordinariamente simile a quello che ottenne Macron alle politiche che seguirono la sua elezione a presidente nel 2017: i ballottaggi gli regalarono allora una perentoria maggioranza assoluta di 351 seggi.

I NUMERI
I numeri dettano ormai le strategie. Settantasei candidati sono stati già eletti al primo turno, di questi, 39 per il Rassemblement National, 32 per il Front Populaire (27,9%). L’altissima affluenza ha reso più facile il passaggio al secondo turno (serve ottenere il 12,5 per cento degli iscritti a votare): in ben 306 collegi si sono qualificati tre candidati, in cinque collegi addirittura 4, in 190 invece ci saranno le classiche sfide a due. I duelli “triangolari” vedono nella stragrande maggioranza dei casi opporsi i rappresentanti dei tre blocchi. È qui che si faranno i giochi, qui che possono funzionare — o meno — i patti di desistenza per sbarrare il passo all’estrema destra.

LA RIUNIONE
Ieri Macron ha riunito i suoi, una squadra di ex fedelissimi che, difficilmente, gli perdonerà di aver voluto sciogliere l’assemblea dopo la batosta delle elezioni Europee di tre settimane fa e che non è più disposta a seguire come un sol uomo il suo volere. «Non un voto deve andare all’estrema destra — ha detto Macron — Ricordiamo che nel 2017 e nel 2022 (quando si trovò al secondo turno delle presidenziali davanti a Marine Le Pen, ndr) fu la sinistra a lanciare questo appello, senza il quale né io né voi saremmo qui». Macron non ha però perorato con chiarezza una desistenza sistematica in tutti i collegi in cui i candidati di Ensemble sono arrivati terzi.

I RISCHI
Pesa il fattore Mélenchon. Per molti moderati i candidati della formazione di estrema sinistra della France Insoumise sono altrettanto invotabili, altrettanto incompatibili con i valori repubblicani dei candidati del Rassemblement National. È la posizione, tra gli altri, del ministro dell’Economia Bruno Le Maire e dell’ex premier Edouard Philippe, favorevoli a una desistenza «caso per caso», soltanto a favore di candidati della gauche socialdemocratica, verdi, socialisti, al massimo comunisti. Una linea che ieri ha fatto piangere in diretta alla radio la segretaria dei Verdi Marine Tondelier, da dieci anni consigliera comunale a Hénin-Beaumont, feduto elettorale di Marine Le Pen: «Sono devastata, sono indignata, sono scossa, perché vivo da 10 anni in un comune guidato dal Rassemblement National — ha detto con la voce spezzata Tondelier a France Inter — quello che fa Bruno Le Maire è un comportamento da vigliacchi da privilegiati. È scegliere il disonore. Avranno il disonore e la sconfitta».

LA LINEA
Il Front Populaire ha indicato da subito la linea, per bocca di Jean Luc Mélenchon: desistenza sistematica dei candidati della gauche arrivati in terza posizione per convogliare i voti sul candidato (qualsiasi esso sia, macroniano, gollista, indipendente) in posizione più favorevole per battere l’estrema destra. Ieri sera si contavano 175 ritiri in altrettanti collegi: 122 casi di desistenze di candidati della sinistra, 52 di candidati di Ensemble, e un ritiro di un candidato neogollista. Questo non significa che automaticamente questi 175 collegi saranno strappati a Bardella. Pesa infatti il comportamento degli elettori. Circa la metà degli elettori di Ensemble e del Front Populaire non sarebbero infatti disposti a turarsi il naso e a votare un candidato non di loro gradimento per far perdere quello del Rassemblement National. La tentazione sarebbe allora l’astensione. L’affluenza sarà dunque uno dei fattori chiave dei ballottaggi. Bardella sostiene inoltre di avere, al contrario dei suoi predecessori Le Pen, ancora riserve di voti. Con 6,5 milioni di elettori guadagnati in due anni, il Rassemblement è ormai uscito dallo stretto recinto del voto di protesta. Nel suo entourage si scommette su un bottino di 300 seggi domenica prossima. Se il fronte repubblicano dovesse fare più danni del previsto, Bardella sostiene ormai di poter formare un governo anche con una maggioranza relativa e di poter contare su almeno «trenta deputati esterni» pronti a venirlo a sostenere in Parlamento. Secondo le proiezioni della rivista “Blue” citata dal Grand Continent Bardella potrebbe arrivare a 275 seggi con una desistenza solo, o soprattutto, da parte della sinistra e 261 seggi in caso di sbarramento generalizzato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]