Manca poco al via libera del Parlamento per l’abolizione dell’abuso di ufficio, una norma con cui «si rischia la paralisi dell’amministrazione» anche se ora serve «una riforma più ampia», spiega al Messaggero Giulia Bongiorno, senatrice della Lega e presidente della Commissione Giustizia al Senato. E assicura: «Con noi mai una magistratura sottoposta all’esecutivo».
Senatrice, dopo quasi un anno il governo approva l’abolizione dell’abuso di ufficio. Lei aveva espresso dubbi. Sono rientrati?
«I miei dubbi riguardano possibili interpretazioni estensive di altri e più gravi reati, e anche eventuali vuoti di tutela per i cittadini. Su nostra richiesta, però, Nordio ha assicurato che ci sarà una riforma complessiva dei reati contro la Pubblica Amministrazione, proprio per evitare eventuali storture interpretative».
È davvero una svolta per la PA italiana?
«La norma sull’abuso d’ufficio è molto problematica, come diffusamente riconosciuto e confermato dai diversi interventi di riforma degli ultimi anni, che non sono valsi a risolvere il problema. Se prima della firma di un atto l’amministratore pubblico deve richiedere il parere di un consulente legale, per il terrore di incorrere nella contestazione di abuso d’ufficio, siamo a rischio di paralisi della Pubblica Amministrazione».
Nel testo c’è un freno alle intercettazioni di soggetti “terzi”. Non è una benda sugli occhi della magistratura?
«Non è un freno né una limitazione all’accertamento dei reati, piuttosto una valorizzazione della riservatezza dei terzi nella disciplina delle intercettazioni. È necessario seguire sempre una logica di contemperamento tra i diversi interessi fondamentali coinvolti da questo essenziale mezzo di ricerca della prova».
Separazione delle carriere: le opposizioni e i giudici vi accusano di volere una magistratura sottoposta all’esecutivo. La riforma del Csm non presenta questo rischio?
«Lo escludo categoricamente. Io sono contrarissima e lo sono tutti i responsabili giustizia della maggioranza. E naturalmente anche il ministro ha chiarito più volte che la Magistratura resterà indipendente. L’obiettivo è solo quello di creare un equilibrio tra accusa e difesa. Nessuno vuole minare l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura».
L’Avvocatura entrerà in Costituzione? Nelle bozze iniziali della riforma era prevista.
«L’avvocato non è un semplice libero professionista: nel garantire la difesa tecnica consente l’effettivo esercizio di un diritto inviolabile del cittadino. Io sarei favorevole».
Un’accusa ricorrente al governo: il panpenalismo. Aumentare le pene serve davvero, ad esempio, per fermare l’emergenza femminicidi nel nostro Paese di cui si occupa da sempre?
«La lotta al femminicidio richiede prevenzione, rapidità di intervento e sanzioni. Molte leggi sono utili, come quella sullo stalking che ho contribuito a scrivere e quella sul Codice Rosso, voluta da Doppia Difesa. Ma senza dubbio anche la migliore delle leggi è inefficace se non viene applicata correttamente».
Servono nuove leggi contro la violenza sulle donne o basta applicarle?
«Le leggi ci sono; magari si possono migliorare, ma al momento il tema è innanzitutto la loro applicazione, che spesso non è adeguata e tempestiva. Una donna che si affida allo Stato e non viene immediatamente protetta subisce un duplice tradimento: dall’uomo che la uccide e dallo Stato che l’ha abbandonata».
Resta il fatto che il governo è accusato di introdurre nuovi reati e aggravanti anche con il nuovo disegno della intelligenza artificiale sul quale la sua commissione sta dando un parere.
«L’intelligenza artificiale è sempre più spesso utilizzata dalla criminalità, dunque è doveroso adeguare la nostra legislazione».
Prevede una rivoluzione del diritto penale alla luce della intelligenza artificiale?
«Sì. La parziale perdita di controllo dell’operatore umano sul processo decisionale e sul comportamento dell’algoritmo imporrà di rivedere i tradizionali meccanismi di imputabilità. I sistemi di intelligenza artificiale sono dotati di capacità di apprendimento e di autonomia decisionale che prescindono dall’agente umano e che possono addirittura portare alla realizzazione di un fatto non voluto o diverso da quello previsto dall’input umano. La commissione che presiedo sta lavorando proprio in questi mesi sull’impatto dell’intelligenza artificiale nel diritto».
È ancora convinta che l’imputabilità dei minori under 14 serva a combattere il fenomeno delle baby gang?
«L’imputabilità dei minori è un tema complesso. Oggi i minori maturano molto più in fretta; attraverso internet e i social, hanno accesso a conoscenze e informazioni che prima si acquisivano a un’età più avanzata. Sfide mortali e giochi violenti proposti in rete hanno generato nuove forme di aggressività e autolesionismo. Le norme devono seguire l’evoluzione dei fenomeni sociali».
La sua Commissione si occupa di doppi cognomi. Passerà questa volta la riforma?
«Da anni mi batto per questa legge. A tutti gli uomini, di tutti gli schieramenti, che si oppongono perché pensano di perdere la possibilità di trasmettere soltanto il proprio cognome, ricordo che le figlie femmine oggi non lo trasmettono: l’unico modo per essere certi di trasmetterlo, quindi, sarebbe avere solo figli maschi. Sarebbe proprio ora di lasciarci alle spalle certi retaggi del passato».
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