ROMA Il governo promette che sarà l’ultima proroga ai dehors di bar e ristoranti montati durante il Covid. Cioè ai tavolini e alle pedane su strada che altrimenti andrebbero smontati a fine dell’anno. Anche perché su spinta del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso — con un apposito articolo del pacchetto Concorrenza atteso domani in Consiglio dei ministri — si vuole mettere ordine nella giungla dei tavolini selvaggi con una legge delega: chiarendo le competenze (per lo più in capo ai Comuni, anche se è forte il potere d’interdizione delle soprintendenze nei centri storici); provando a limitare gli obbrobri; semplificando le autorizzazioni senza favorire abusi.
La scalinata per raggiungere la chiesa diventa un wine bar. Il Comune interviene
Dehors, nuova proroga
Programma molto ambizioso visto il proliferare di dehors, avallato dopo il Covid per venire incontro agli esercenti più colpiti dal lockdown (baristi e ristoratori) e per facilitare il ritorno alla vita sociale, quando il distanziamento era obbligatorio per limitare i contagi. Quanti tra tavolini e pedane siano stati montati in Italia, nessuno lo sa con precisione. Soltanto a Roma — e soprattutto nelle zone di pregio — dovrebbero essere undicimila. A Milano sono 4.500 e a Firenze un migliaio. Ma parliamo soltanto delle postazione autorizzate.
Certo è che gli esercenti — ha stimato la Fipe — hanno speso 700 milioni per allestire le strutture. Mentre i Comuni — nel dato rientrano anche i ponteggi per il Superbonus — hanno visto gli incassi per le imposte sulle Osp (occupazioni di suolo pubblico) passare dai 651 milioni del 2019 al miliardo e 56 milioni del 2023. A rendere più intricato il quadro, i tentativi delle amministrazioni — Roma in testa — che hanno provato a limitare la proliferazione dei tavolini falliti miseramente, perché congelati dalle proroghe ai dehors. Oppure le proteste dei residenti stanchi perché anche zone tranquille si sono trasformate in centrali di movida h24.
L’ANNUNCIO
Lo scorso 24 maggio il ministro Urso aveva spiazzato un po’ tutti, annunciando: «Stiamo elaborando, all’interno del disegno di legge sulla concorrenza, un provvedimento per rendere strutturali i tavolini all’aperto, i dehors, così che siano anche un elemento di decoro urbano». Scatenando le ire di alcuni sindaci, come quello della Capitale, Roberto Gualtieri. Nei mesi al dicastero di via Veneto sono state avviate trattative serrate tra lo stesso Mimit, l’Anci e le soprintendenze. Il compresso scaturito a questo tavolo è quello che domani il governo si appresta a inserire nella legge sulla Concorrenza. Rispetto al passato saranno mantenute le procedure accelerate per permettere agli esercenti di installare i tavolini (basterà l’asseverazione di un tecnico). Ai Comuni resterà il potere di decidere le zone dove inserire le piattaforme e il tipo di arredi (cioè i modelli di sedie, tavolini e ombrelloni) per evitare giungle urbane. Nella delega saranno indicate le aree dove le soprintendenze potranno avere l’ultima parola su vincoli architettonici e paesaggisti. Va da sé che fino a quando non sarà pronta la legge, sarà garantito lo status quo. Cioè un’altra proroga.
Sergio Paolantoni, titolare del famoso Bar Palombini all’Eur di Roma e presidente della Fipe della Capitale, dice che «è importante che questo governo intervenga finalmente per fare ordine in materia di dehors mettendo sul tappeto regole certe e chiare per tutti. I dehors, nel periodo duro legato al Covid, hanno contribuito a sostenere il commercio aumentando del 20 per cento il giro d’affari, anche se bisogna considerare che siamo ancora sotto i volumi del 2019. Quello che ci aspettiamo dalla riforma è che tagli la burocrazia rendendo più semplici le autorizzazioni perché ci sono casi in cui, dopo aver fatto domanda, molti esercizi aspettano mesi, e qualche volta addirittura anni, prima di ricevere l’ok da parte dei Comuni». E quindi applicando «il silenzio-assenso: dopo 60 giorni senza il nulla osta, si è legittimati all’attività». Paolantoni, poi, non ci sta a ridurre tutta la questione a un problema di degrado. «Rispondo che nella maggior parte dei casi non è così ma che in effetti ci sono degli elementi critici. A Roma, a Trastevere, ad esempio, ci sono marciapiedi sui quali non si riesce a camminare. Ma questo è un problema che si collega all’abusivmo. E non è accettabile».
PUGNO NELL’OCCHIO
Di opinione diversa è Gianni Battistoni, della storica maison che da decenni veste star del cinema e capitani d’industria e da sempre alla testa di una battaglia per salvare il centro storico come presidente dell’Associazione via Condotti. «Non sono contrario in linea di principio ai dehors — dice — ma a come vengono declinati a Roma dove viviamo in una situazione assurda. A Parigi, ad esempio, ma anche in molte città italiane, regna l’ordine, mentre nella Capitale i tavolini all’aperto proliferano senza alcun ordine né logica. Si parte con 5 tavoli e nel giro di qualche settimana si moltiplicano per tre. Inoltre arredi, colori e strutture sono spesso un pugno in un occhio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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