14.05.2025
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Politics

Autonomia, dopo il Veneto si muove anche il Piemonte. Musumeci frena: perplessità


ROMA Dopo il Veneto, il Piemonte. Altro che la calma professata dal ministro di Fratelli d’Italia Nello Musumeci: sull’Autonomia differenziata, le regioni del Nord vogliono correre. E così, dopo che il Veneto guidato dal leghista Luca Zaia ha già spedito una lettera al governo per chiedere subito più ampi margini di manovra su ben tredici materie (dal commercio con l’estero fino all’istruzione, la tutela dell’ambiente e quella della salute), anche il Piemonte si muove. Con gli uomini dell’appena riconfermato governatore Alberto Cirio che fanno sapere di essere pronti a invocare da Roma più poteri su nove dei 23 capitoli potenzialmente cedibili alle Regioni previsti dalla legge Calderoli. Tutto mentre le cinque Regioni a guida centrosinistra, invece, accelerano in direzione ostinata e contraria, per chiedere un referendum abrogativo della legge voluta dalla Lega.

Ad alzare il sopracciglio di fronte allo sprint di Veneto e Piemonte – ma pure della Lombardia – però, non sono solo le opposizioni. Al contrario. Ieri ha creato un certo scalpore in maggioranza (specie nel Carroccio) l’uscita a gamba tesa del ministro della Protezione civile ed ex presidente della Sicilia Musumeci. Che ha definito «assolutamente precoce» la richiesta di Zaia di procedere con la stesura di un’intesa. «In linea di principio può farlo su alcune materie – le parole del ministro a Sky Tg24 – Ma c’è un problema di opportunità politica». Problema dato dal fatto che, affonda Musumeci, «in questo momento permangono delle perplessità anche all’interno della coalizione di governo». Come dire: pensiamoci tutti bene prima di procedere.

IL NODO LEP

Ma la contestazione ha almeno in parte anche una ragione tecnica. Perché tra le 13 materie già chieste dal Veneto figurano anche le quattro (istruzione, ambiente, politiche del lavoro e sanità) per cui prima di pensare a possibili intese Stato-Regione vanno definiti i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Dunque, conclude Musumeci, «la richiesta di Zaia è legittima», ma «se non è una provocazione, cominciamo a lavorare sull’individuazione dei Lep».

Parole che innescano il botta e risposta, con Zaia che alza gli scudi: «Nessuna richiesta a gamba tesa, ho soltanto chiesto l’applicazione della legge». E con il ministro che più tardi è costretto a precisare: «Da convinto autonomista sostengo la riforma. Ma la prossima tappa – tiene il punto – dev’essere l’individuazione dei Lep: ogni altra richiesta, pur legittima, potrebbe apparire intempestiva».

Un tira e molla di cui prova ad approfittare il Pd, all’opera insieme alle altre opposizioni per far saltare la legge per via referendaria. «Le lacrime di coccodrillo del ministro Musumeci fanno emergere non solo grandi divisioni nella maggioranza di governo e la pericolosità del disegno leghista », affondano i dem. Pronta la replica di via Bellerio: «l Pd è contro il progresso, l’efficienza, la trasparenza e il taglio degli sprechi che l’Autonomia porterà. Non ci stupisce».

LA CORSA

Nel frattempo continua la corsa delle cinque Regioni guidate dal centrosinistra per chiedere il referendum abrogativo. È la via maestra, per le opposizioni, perché toglierebbe di mezzo l’obbligo di raccogliere entro il 30 settembre (e quindi in piena estate) le 500mila firme altrimenti necessarie. Ma il tempo scarseggia: il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, si dimetterà tra una manciata di giorni per accettare il nuovo incarico di eurodeputato. Forse già l’11 luglio. E il quesito referendario va approvato dai cinque consigli regionali entro quella data. Ecco perché un primo testo ancora sotto forma di bozza è già stato sottoposto proprio dall’Emilia alle altre Regioni a guida Pd-5S. Della partita sono anche Toscana, Puglia, Sardegna e Campania, con quest’ultima che ha già fissato una data per l’approvazione: l’8 luglio.

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