17.05.2025
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Economy

Auto green cinesi, al via i dazi Ue: «Ma ora il dialogo»


Scattano formalmente i dazi compensativi Ue sulle auto elettriche cinesi vendute a prezzi artificialmente bassi che, per via dei sussidi pubblici del gigante asiatico, generano concorrenza sleale. Ma tanto Bruxelles quanto Pechino evitano con attenzione di parlare di guerra commerciale. E, semmai, tengono il dialogo bene aperto nei prossimi quattro mesi. Perché le tariffe pubblicate ieri in Gazzetta ufficiale e in vigore da oggi, parte di un documento legale lungo 208 pagine, sono solo provvisorie: c’è tempo fino al 2 novembre prima che diventino definitive, uno sviluppo che i governi Ue possono anche stoppare con un voto a maggioranza qualificata (per dare il via agli scambi, le capitali adotteranno entro 14 giorni un parere non vincolante).

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LE IMPLICAZIONI
Fino a quel momento, inoltre, Bruxelles non riscuoterà alcun dazio, ma chiederà agli importatori di auto di costituire delle garanzie bancarie in vista di possibili futuri pagamenti. Se confermati, i dazi avranno un’applicazione di cinque anni.

Per i produttori di auto cinesi inclusi nel campione dell’indagine anti-dumping che l’esecutivo Ue ha lanciato nove mesi fa (la prima di questo genere avviata d’ufficio e non su istanza di parte), le tariffe sono state lievemente riviste rispetto a quanto ipotizzato tre settimane fa, alla luce dei contatti intercorsi con le società interessate. Saranno del 17,4% per Byd, del 19,9% per Geely (che controlla la svedese Volvo) e del 37,6% per Saic (che ha una joint venture con la tedesca Volkswagen).

Altre case automobilistiche che hanno collaborato all’indagine saranno soggette a un prelievo del 20,8%, che diventa del 37,6% per quanti non hanno cooperato. I balzelli (ben più ridotti del 100% disposto dagli Usa) si aggiungono al dazio già esistente del 10%. Le consultazioni con il governo cinese si sono intensificate nelle ultime settimane, spiegano dalla Commissione. «Continuiamo a impegnarci intensamente con la Cina per una soluzione reciprocamente accettabile», in linea con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio», ha spiegato il vicepresidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis.

Obiettivo condiviso anche dal ministero del Commercio cinese, convinto che gli attriti economici «vadano gestiti adeguatamente attraverso il dialogo e la consultazione». Arrivato da poche ore a Pechino per il primo viaggio di un ministro italiano nel Paese dal mancato rinnovo del memorandum sulla Via della Seta, il ministro delle Imprese Adolfo Urso si è augurato «che si possa trovare una soluzione che ripristini le condizioni di equità di mercato». Perché «i dazi sono uno strumento, ma la soluzione è cosa diversa».

LA BATTAGLIA
Muro, invece, dalle sigle dell’automotive Ue, che sperano nell’opposizione dei governi trainati dalla Germania. «Gli effetti negativi di questa decisione superano qualsiasi vantaggio per l’industria automobilistica europea, e in particolare per quella tedesca», ha reagito Volkswagen. Per Stellantis l’ad Carlos Tavares ha invece sottolineato l’importanza di «andare all’attacco», cavalcando «l’onda dell’offensiva cinese».

In base dell’analisi svolta dai tecnici di Bruxelles, la Cina è passata da una quota di mercato dei veicoli a batteria pari al 3% nel 2020, all’odierno 25%. L’Ue teme un danno economico per i produttori di e-car europei simile a quello visto con i pannelli solari: in assenza di un intervento si stimano ricadute per un’industria che impiega 2,5 milioni di persone direttamente e 10,3 nell’indotto. I dazi si applicheranno solo agli acquisti effettuati a partire da oggi, mentre gli ordini già effettuati sarebbero al riparo. Nonostante segnali contrastanti arrivati da Tesla, tecnici Ue e analisti di mercato, sono d’accordo sul fatto che i produttori di e-car cinesi siano in grado di “assorbire” il contraccolpo del giro di vite, riducendo i profitti senza trasferire interamente l’onere dei dazi sul prezzo pagato dai consumatori finali. Altrimenti una tariffa extra di circa il 17% farebbe salire di oltre 5mila euro il costo di un’auto “entry level” che ne vale 30mila; un livello di poco meno del 38%, invece, si tradurrebbe in un incremento di prezzo di oltre 11mila euro.

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