A fine giornata il dubbio “morettiano” può dirsi sciolto: ad Atreju ti si nota più se vai, che se non vai. Dopo il gran rifiuto di Elly Schlein, a spartirsi la scena sono Giuseppe Conte e Matteo Renzi. I gemelli diversi dell’opposizione, capaci di attirare applausi e contestazioni feroci, e di indispettire gli interlocutori pur conquistando attestati di «stima» per «il coraggio di non sottrarsi al confronto».
QUERELLE RIFORME
Che il leader di Iv fosse carico per il faccia a faccia, era chiaro già dall’ultimo post messo sui social dalla mattina: «Buongiorno da Roma! Qui ci si allena preparandosi ad Atreju». Morale della favola: è toccato al ministro della Difesa, Guido Crosetto, salire sul palco, e sollevare scherzosamente il leader di Iv per facilitare la fine di un confronto accesso e durato più del previsto. E nel quale Renzi ha preso la parola più degli altri invitati (i ministri Calderoli, Zangrillo e Casellati e il vicepresidente della Camera Rampelli) e dello stesso conduttore Bruno Vespa. Si parte dall’autonomia. E qui l’ex premier ricorda a Rampelli i tempi in cui Fdi era contraria, e poi punta il dito contro il leghista Roberto Calderoli, alludendo anche alla sua legge elettorale, ribattezzata Porcellum: «L’autonomia è nel libro dei sogni. Poi se riuscite a farla, spero sia un po’ meno porcata delle altre cose che hai fatto». E giù la replica dei diretti interessati: «La sinistra in passato ha fatto danni su questo tema, ora il bilanciamento c’è anche grazie ai Lep». Ma i toni si scaldano soprattutto sul premierato, complice l’errore in cui scivola il leader di Iv: alla domanda provocatoria su come abbia votato in Senato, Renzi risponde che il testo non è arrivato ancora a Palazzo Madama. Scivolone che la ministra Casellati coglie al volo: «Si vede che al Senato non ci sei mai…». Ma la miccia si riaccende alla fine: «Matteo hai finito il comizio?», chiede sarcastico Calderoli. E la replica: «Robertino stai sereno». Il protagonismo del leader fa perdere la pazienza anche al pacato ministro della Pa, Paolo Zangrillo, che prende parola quasi a conclusione del panel: «Anche tu Matteo ogni tanto cambi idea, avevi detto che se perdevi il referendum ti ritiravi dalla politica». «Sulla Nato, sull’euro e sulle trivelle non abbiamo mai cambiato idea»», provoca Renzi. Se sul palco non molla la presa, sotto — alle domande dei cronisti — il leader di Iv non insiste sulla scelta di Schlein di declinare l’invito alla kermesse meloniana: «È una questione che riguarda Meloni e Schlein. Ognuno ha il suo stile, quando ero presidente del Consiglio ho dialogato con Meloni che aveva allora il 3%».
I DISTINGUO DELL’AVVOCATO
Sul “ring” subito dopo sale Giuseppe Conte. Che, a dispetto dei toni più bassi e compiti, si attira dietro pure qualche contestazione. Succede quando il leader 5s afferma che a suo parare «non è patriottismo andare a Washington, inchinarsi e genuflettersi a Trump e promettere acquisti di gas liquido». Fischi su cui lui non si scompone più di troppo: «Non vorrei rompere il clima di festa, ma se volevate sentire altra musica, quella che sentite tutti i giorni non dovevate invitarmi». Diversamente da Renzi, Conte si infervora sull’immigrazione: ricorda le frasi sulla sostituzione etnica, proferite da qualche esponente di governo e, «in contraddizione», cita il decreto Flussi varato dal governo. Ribadisce che le proteste «non si risolvono introducendo norme che contrastano il dissenso politico», ma sottoscrive «ogni iniziativa contro la violenza e le aggressioni alla polizia».
Incalzato da Tommaso Cerno che pone l’accento sull’assenza di Schlein, l’ex presidente del governo giallorosso, dribbla: «Qui c’è una sedia vuota importante: Giorgia Meloni è la padrona di casa…poteva esserci lei. Ma verrà il giorno in cui ci sarà il confronto tra la premier e il leader del campo progressista». Il palco di Atreju offre pure a Conte l’occasione per ribadire i prossimi passi all’interno della coalizione di centrosinistra: prima in «cantiere 5s» sul programma, poi in autunno il «confronto con le altre forze di opposizione». Solo alla fine, spiega, «decideremo anche i criteri migliori per individuare il candidato o la candidata più competitiva». Ma una precisazione è d’obbligo e il leader pentastellato la mette in chiaro per l’ennesima volta: «Noi non siamo alleati con nessuno. Se verrà fuori un’alleanza con il Pd dipenderà solo dai programmi, se ci verranno scritte le nostre battaglie di sempre, dall’etica pubblica alla legalità». A conclusione del dibattito, il responsabile Organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli gli riserva un bagno di folla, guidandolo tra i mercatini di Natale del Villaggio di Atreju, fino alla pista di pattinaggio. Un clima così conviviale da indurre più di qualcuno a chiedere un selfie con entrambi. Mentre a Renzi, lasciando Castel Sant’Angelo, è un giovane militante di destra ad avvicinarsi per chiedere un consiglio: «Cosa suggerisce a chi vuole fare politica?», gli chiede. «Non mollare mai sulle tue idee anche se ti fanno litigare con gli altri».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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