08.12.2025
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Politics

Asset, i timori di Meloni che punta al prestito Ue. La sfida è convincere Orban


Le preoccupazioni leggere fanno parlare, mentre le grandi ammutoliscono, sosteneva Seneca. E sul futuro di Kiev anche Giorgia Meloni sembra aver smarrito le parole, stretta tra il fuoco amico della Lega, un’opinione pubblica stanca di guerra e l’amico Volodymyr Zelensky fiaccato dagli scandali sulla corruzione che ne hanno falcidiato la squadra, costringendo al passo indietro persino un pezzo da 90 come Andriy Yermak. Il decreto che consente di continuare ad inviare a Kiev armi, munizioni e cingolati anche nel 2026 si farà, a Palazzo Chigi non è mai stato messo in discussione. Ma lo stop and go in Consiglio dei ministri passa anche da qui, da una fase in cui Davide sembra ormai spalle al muro, sopraffatto da Golia, e l’Europa deve capire qual è la strada da battere per continuare a tenere attaccata la spina, drenando nuove risorse all’Ucraina. Un bel grattacapo che coinvolge tutti e toglie il sonno anche a Roma, che ha fatto del risanamento dei conti pubblici questione ineludibile. Proteggere le casse dello Stato è una delle motivazioni che spinge la premier a frenare sull’uso degli asset russi congelati in Europa per concedere un maxi prestito all’Ucraina e permetterle di continuare a tenere testa al nemico sul fronte. Una delle proposte a cui lavora Ursula von der Leyen e fortemente caldeggiata dal Cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha mandato all’aria la sua visita a Oslo per volare oggi stesso a Bruxelles e dar man forte sull’uso dei frozen asset.

LE DIFFICOLTÀ

I timori della premier — di cui ha parlato con franchezza anche a Zelensky — continuano a ruotare attorno alle contro-garanzie che tutti gli Stati membri dovrebbero assicurare, soprattutto per scudare il Belgio che detiene gran parte della riserve russe. Se da Mosca, che già annuncia di essere pronta ad adottare contro-misure, dovessero arrivare ritorsioni, soprattutto adendo alle vie legale, ogni singolo Paese europeo verrebbe chiamato a pagare conto. Un rischio troppo grande, che la premier non sente di poter correre. E mentre la Lega spinge affinché i frozen asset vengano «restituiti a Mosca» e il ministro degli Esteri Antonio Tajani ipotizza l’uso del Mes «come garanzia» — in un eterno braccio di ferro tra i due alleati — per la presidente del Consiglio la corsia preferenziale resta quella di un prestito che regga sul bilancio dell’Unione europea, per non gravare sui conti degli Stati membri, questione che all’Italia sta particolarmente a cuore. Ma c’è un ostacolo apparentemente insormontabile e porta il nome di Viktor Orbàn, visto che per accendere il prestito a cui guarda la premier serve l’unanimità dei 27, Ungheria compresa. Al netto delle difficoltà, per Meloni resta comunque questa la strada da battere fino all’ultimo, portando avanti una moral suasion su Budapest prima di tentare altre soluzioni più pilatesche. Confidando che la pace, che allo stato attuale appare lontanissima, possa subire un’accelerazione dando fiato agli sforzi europei, visto che il prestito su cui la presidente del Consiglio punta non basterebbe a coprire per intero il fabbisogno ucraino.

Ma a preoccupare Roma, in buona compagnia di tutte le altre cancellerie europee, è anche la linea d Donald Trump, stanco di una guerra che pensava di chiudere in 24 ore e sulla quale continua ad arrovellarsi senza arrivare a soluzione. Sullo sfondo, l’adesione dell’Italia al Purl, il meccanismo per l’acquisto di armi Usa da fornire a Kiev congegnato a luglio scorso in sede NATO. Roma, nonostante il pressing degli americani, non è ancora salita a bordo del programma, scettica su acquisti che ingrosserebbero le casse dell’industria di armi statunitense senza che gli Usa li finanzino con un solo dollaro. «Per ora restiamo fermi sul no», confermano da Palazzo Chigi, in attesa di capire come andranno a finire i negoziati di pace. Ma il futuro di Kiev al momento è a tinte fosche e anche qui Seneca docet: non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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