27.07.2025
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Politics

«Aperti alla ricerca, ma è importante tutelare il Made in Italy»


Sono lontani i tempi del «Sei un delinquente e un buffone» urlato a muso duro ai margini della protesta di Coldiretti contro la carne sintetica. Il direttore di Coldiretti Ettore Prandini e il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova depongono l’ascia di guerra e organizzano insieme una conferenza a tema «Carne coltivata: discutiamone» nella Sala della Regina di Montecitorio.

Ospiti, diversi scienziati esperti nel settore. Obiettivo (di fatto) provare a capirci qualcosa fuori dalle posizioni ideologiche del «pro» o «contro». La questione è delicata: si tocca un elemento identitario importante in Italia – il cibo – e un comparto fondamentale per la nostra economia, quale è l’agroalimentare. Ma ciò che emerge dalla conferenza è chiaro: la ricerca avanzerà, in un modo o nell’altro, in risposta alle sfide contemporanee, come l’aumento della domanda di proteine animali e la necessità di contenere le emissioni zootecniche per la lotta al cambiamento climatico. La questione è quale sarà il ruolo dell’Italia in questo processo.  

La legge del 2023

La legge 123/2023 che aveva causato la zuffa, infatti, non ha risolto la questione. Tanto voluta dal governo, in particolare dal ministro per l’agricoltura Lollobrigida, per tutelare il Made in Italy, la legge – approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nel dicembre 2023 – imponeva il «divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o tessuti derivanti da animali», insieme al divieto di usare termini riferibili alla carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali.

Niente più «hamburger di soia», quindi? No: la legge c’è, ma viola il diritto comunitario europeo ed è dunque, di fatto, inapplicabile. In poche parole, si torna alla casella di partenza.

Le posizioni di Coldiretti e di +Europa non sono cambiate, ma i toni si sono decisamente ammorbiditi. Della Vedova ha commentato: «Dobbiamo guardare al futuro. È importante che anche l’Italia possa essere partecipe di questo processo di ricerca» che costituisce un’importante alternativa alla carne ottenuta dall’allevamento «in termini di riduzione dell’impatto ambientale».

E Prandini ha risposto: «Coldiretti non è chiusa, noi non siamo oscurantisti.

Siamo aperti alla ricerca». Ma «l’unica cosa che chiediamo alle nostre istituzioni è quella di non accelerare i processi, ma di fare le analisi necessarie a garantire la popolazione stessa» dai rischi potenziali per la salute.

Il parere degli esperti

Su questo punto, gli esperti hanno opinioni diverse. Il gastroenterologo Antonio Gasbarrini, preside della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS, ha detto: «Sappiamo davvero poco dell’apparato digerente umano. Nel microbiota intestinale, che conosciamo pochissimo, sta il 90% del nostro sistema immunitario. E il cibo è la più importante di tutte le variabili». Infatti «negli alimenti ultraprocessati, che oggi in Europa costituiscono il 50% dell’apporto calorico di un bambino, ci sono le chiavi del diabete, delle malattie cardiovascolari, dei tumori».

E ha sollevato la questione: «Un alimento da coltura cellulare è sicuro per l’organismo? Quando lo inserisco nel mio corpo è sicuro? Bisogna fare tutta la ricerca del mondo». 

Su questo, anche Prandini è chiarissimo. «Il tema è la precauzione. La FAO e l’OMS ci dicono che ci sono 53 rischi legati al processo produttivo» dei cibi sintetici, non solo della carne. «E tante volte gli effetti si vedono nella lunga distanza».

Rischi anche dagli alimenti della tradizione

Vero, dice Michele Antonio Fino, professore ordinario di fondamenti del Diritto Europeo, Food Law ed ecologia giuridica all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. Ma l’Autorità europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) segue una procedura rigidissima per l’approvazione di cibi considerati «nuovi» nelle tavole; molto più rigida, ad esempio, di quella della Food and Drugs Administration statunitense. Il paradosso, poi, è che «molti degli alimenti che mangiamo da sempre secondo le conoscenze attuali sono dannosi. L’alcool è un sicuro cancerogeno. Le carni lavorate lo sono». 

E quindi: «Io non sono un fan della carne coltivata, ma sono un favorevole assoluto della ricerca sulla carne coltivata. I consumatori devono, quando i prodotti sono sicuri, avere la possibilità di scegliere». Ricerca per assicurare la sicurezza del prodotto, quindi; ed educazione per diffondere consapevolezza sui rischi (di qualsiasi alimento) tra i consumatori. «Se lasciamo ai consumatori il diritto di scegliere, possiamo difendere anche il vino e le carni lavorate, che fanno parte della nostra identità».

Una cosa è chiara: al di là della carne coltivata, i cibi che mangiamo adesso non sono esenti da rischi. E non è un problema solo dell’alcool, la carne rossa o gli alimenti processati (insaccati, prodotti da forno confezionati, piatti pronti, salse industriali…), ma anche di alcuni «insospettabili». «Fanno male anche le verdure», dice il professore di zootecnia speciale all’Università di Napoli Giuseppe Campanile, «perché si utilizzano i promotori di crescita. Ecco perché sta aumentando l’incidenza dei tumori». 

Ma «il cibo rappresenta il farmaco del futuro». È sul cibo che bisogna puntare: «Una dieta di precisione serve per ridurre le patologie cronico-degenerative, che hanno un comune denominatore: i processi infiammatori».

Parola chiave: ricerca

Non serve, quindi, demonizzare singoli prodotti. Al contrario, bisogna aumentare la ricerca, sia per migliorare la sicurezza degli alimenti, vecchi e «nuovi», a cui è esposto l’essere umano – direttamente o indirettamente (per questo si parla anche dei mangimi animali) – sia per migliorare le condizioni di vita degli animali coinvolti nella filiera produttiva, riducendo il consumo di carne prodotta da allevamenti industriali. «In Unione Europea abbiamo due colture alimentari proposte», riferisce Fino, «una di queste è il fois gras», fegato di anatre o oche ingrassate intenzionalmente tramite alimentazione forzata. 

Una sola parola chiave, quindi, sui cui tutti si trovano d’accordo: ricerca. Ma gli esperti sottolineano: anche se il divieto (di fatto) non esiste, l’approvazione della proposta di legge in Italia ha comunque scoraggiato gli investitori – considerato, anche, lo spauracchio delle sanzioni fino a 150.000 per gli operatori del settore che producono o vendono alimenti o mangimi sintetici. E, senza fondi e in un contesto sfavorevole, le realtà italiane che operano nel settore della ricerca sulla carne da coltura cellulare potrebbero essere spinte a chiudere, o a spostare le proprie sedi altrove.


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