Adriano Aragozzini ha appena finito di organizzare (e festeggiare) il matrimonio di sua figlia. Un successo, come i suoi Festival di Sanremo, dal 1989 al 1993. Un matrimonio celebrato da Piero Chiambretti, «tra il comico e il commovente». Tre mogli, tre figlie, ancora tanto da fare e raccontare nonostante i suoi 86 anni. «Sono manager di un tenore meraviglioso che voglio lanciare, Giuseppe Gambi», racconta a Libero che provocatoriamente gli consiglia di provarci a Sanremo…
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La frecciata ad Amadeus
«Ci provo — promette subito Adriano Aragozzini — L’arrivo di Carlo Conti il prossimo anno a Sanremo è un fatto positivo per la musica italiana.
Ha stile, classe, categoria. Può fare benissimo e mi dà fiducia. Perché il signor Amadeus, tanto celebrato per questo “miracolo d’ascolti”, ha americanizzato il Festival. Se va a vedere gli ascolti della Rai, nel mio Sanremo del 1989 non c’è stata una serata che Amadeus abbia battuto, ma nessuno lo ha scritto».
Aragozzini se la prende con Amadeus: «Come artista non lo discuto, ma come uomo è inesistente». Il perché prova a spiegarlo ancora al quotidiano Libero: «Ho dei messaggi sul telefono che conservo. Riguardano i giorni in cui l’ho cercato per proporre il mio artista, ma Amadeus ha scartato due brani». Ma «lui ha voluto scartare Adriano Aragozzini, non le canzoni». Il contenuto non lo svela ma «sono un documento che voglio tenere con me e che tirerei fuori semmai rispondesse dopo aver letto l’intervista».
Capitolo conduttori. «Alessandro Cattelan? Per carità. Stefano De Martino? Non mi sembra una star. Uno come Pippo Baudo nasce ogni cento anni, un nuovo Baudo non c’è. Mi piace Marco Liorni ma è sempre della generazione di Conti, eccetera. Guardi, se ci sono giovani bravi, io non ne conosco».
Lucio Dalla
Tanti grandi artisti sotto di lui ma anche qualche grande errore come con Lucio Dalla: «Nella vita ho fatto due errori, chiamiamoli figuracce. Uno è questo. Gino Paoli, che mi aveva anche presentato Tenco, di cui fui il primo manager, un giorno mi disse: “Vieni alla Rca, ti presento un artista numero 1 in Italia, vedrai”. Andai. Ci siamo seduti al bar della Tiburtina. Arriva un signore basso, con il basco, vestito malissimo, con l’accento bolognese, aveva la mano sudata. Io all’epoca facevo il giornalista alla Rizzoli. Un giorno mi chiama Gino sempre per Dalla: “Ma io non posso occuparmi di Dalla, non ho tempo”, tagliai corto. Tergiversai. E la cosa tramontò. Bene: Dalla ebbe successo dieci anni dopo: feci una figuraccia, ma non grave». Quella più grave fu con Renato Zero che gli fu presentato da Patty Pravo. «Si siede sul divano verde appena preso piantandoci su gli stivali. “Mi vuoi?”, chiese. “Non ho tempo”, dissi. E se ne andò triste. Dopo poco vendette con il primo album un milione e mezzo di copie…».
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