BERLINO Dopo circa tre anni, e mesi di coma, il governo semaforo è arrivato al capolinea con un brutto divorzio, e il cancelliere Olaf Scholz cerca di ritardare a staccare le macchine per prendere un po’ di ossigeno fino alle elezioni anticipate. Nella peggiore crisi politica e economica degli ultimi decenni, e in un contesto internazionale estremamente critico — guerra in Ucraina e Medio Oriente, Donald Trump alla Casa Bianca – la Germania si ritrova più che mai divisa e debole, con la Francia, alleato storico in Europa, tutt’altro che vigorosa e in grado di aiutare.
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Per una soluzione della crisi il cancelliere ha messo il rallentatore, l’opposizione vuole ingranare invece l’acceleratore. L’ultimo atto del dramma del governo semaforo è andato in scena mercoledì: i leader dei tre partiti, Scholz, Robert Habeck e Christian Lindner, si sono incontrati per la terza volta in una settimana per cercare un’intesa sulla legge di bilancio 2025. Sul tavolo un documento di 18 pagine del ministro delle finanze Lindner per un rilancio dell’economia con proposte apertamente liberiste (riduzione delle spese, tagli al sociale, rinvio del piano sul clima ecc.) irricevibili per Scholz e Habeck, la cui ricetta è tutele sociali, investimenti, aumento delle spese e sospensione dell’odiato freno del debito.
LA CRISI
Visto il muro contro muro, Lindner ha chiesto elezioni anticipate e Scholz l’ha licenziato aprendo una crisi di governo che di fatto strisciava da mesi. Il cancelliere vuole chiedere la fiducia al Bundestag il 15 gennaio con, implicitamente, elezioni anticipate a marzo (anziché a settembre). Troppo comodo per l’opposizione Cdu e il leader Friedrich Merz, probabile prossimo cancelliere: il Paese non può trascinarsi in coma per altri mesi. L’economia è al collasso, in Europa incombono decisioni importanti, urge posizionarsi con la nuova amministrazione Usa, la Germania non può latitare in un momento come questo, la posizione di Merz che ha scandito sia in un colloquio con Scholz che con il presidente Frank-Walter Steinmeier. Per Merz e tutta la Cdu, il voto sulla fiducia si deve svolgere al più tardi la settimana prossima e le elezioni anticipate già a gennaio. Anche per il presidente della Confindustria Siegfried Russwurm il Paese non può aspettare, serve stabilità e certezza politica per l’economia: «Alla luce della situazione internazionale abbiamo bisogno rapidamente di un nuovo governo efficiente con una sua maggioranza parlamentare». Steinmeier ha intanto dismesso ieri i ministri dimissionari liberali e dato l’incarico ai nuovi. All’appello manca un ministro liberale, Volker Wissing, che non era d’accordo con Lindner e ha restituito la tessera della Fdp, e conserva il portafoglio dei trasposti cumulandovi anche quello del collega liberale dimissionario della giustizia. Al posto di Lindner alle finanze Scholz ha chiamato un fedelissimo, Jörg Kukies, suo sottosegretario quando era ministro delle finanze nell’ultimo governo Merkel, e ora sottosegretario alla cancelleria. Il ministro verde dell’agricoltura Cem Ödzemir cumula anche l’istruzione. All’origine del fallimento della coalizione semaforo ci sono idee opposte su economia, finanza e clima fra il ministro delle finanze Lindner e dell’economia Habeck, contrasti e incompatibilità di carattere fra i protagonisti e una mancanza di leadership del cancelliere che ha svolto piuttosto un ruolo di moderatore. In aggiunta, un contesto internazionale difficilissimo: la crisi energetica, la guerra in Ucraina che vede la Germania seconda solo agli Stati Uniti per aiuti economici, forniture militari e accoglienza rifugiati. Dopo lo show-down con Lindner, notavano i media, Scholz ha alzato la voce, preso una decisione, e fatto il suo migliore discorso da cancelliere. Ha sparato a zero contro l’ex alleato addossandogli la colpa della fine del governo: «Ha detto no a tutti i compromessi sulla legge di bilancio», «nessuna disponibilità ad accettare delle proposte per il bene del Paese», un «tale comportamento non lo posso accettare ulteriormente per il nostro Paese», ha accusato Scholz giustificando il licenziamento del ministro delle finanze.
LO SCONTRO
Lindner a sua volta, in un duello retorico senza precedenti nel paludato lessico politico in Germania, ha accusato Scholz di avere intenzionalmente «calcolato la caduta del governo», «ha purtroppo mostrato di non avere la forza di permettere una ripartenza del nostro Paese» e con ciò «trascina la Germania in una fase di insicurezza». Lindner inoltre ha accusato Scholz di avergli posto un ultimatum: «Ha preteso tassativamente di sospendere il freno al debito che è fissato dalla Costituzione» e questo «non potevo accettarlo perché se no avrei tradito il mio giuramento». Per la seconda volta nella sua vita Lindner ha detto no: la prima volta nel 2017 quando disse no alla Merkel per in una coalizione Giamaica con Cdu e Verdi («meglio non governare che governare male», la sua famosa frase), e ora con Scholz puntando i piedi sulla finanziaria e economia: la scommessa adesso è entrare in un governo Cdu, ma c’è sempre lo spettro del 4%.
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